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Ottovolante

Mercati volubili, lo saranno sempre di più


Il primo è che l’indicatore di sentiment, quello che registra il grado di ottimismo tra gli investitori, si è mostrato ancora una volta perfettamente funzionante. Quando l’ottimismo diventa euforia, come è successo in gennaio dopo il grande rialzo partito all’inizio di ottobre, significa che i portafogli si sono riempiti. Non si può essere euforici e restare alla finestra. Il panico può anche paralizzare, ma l’ottimismo senza freni porta all’allentamento completo delle inibizioni all’acquisto. A quel punto, immancabilmente, basta poco per capovolgere la situazione.

Il secondo insegnamento, da tenere ben presente nei prossimi due-tre anni, è che più ci si muove verso le atmosfere rarefatte della sopravvalutazione e più aumenta la volatilità. È un fenomeno simmetrico a quello che si verifica solitamente nella parte matura di un bear market. Oggi, sia chiaro, la sopravvalutazione è modesta e infatti la correzione di cui stiamo parlando è stata solo del 5 per cento. Nei prossimi mesi, però, e soprattutto dal 2015 in avanti (se è vera la nostra ipotesi di una continuazione del grande bull market) le correzioni si faranno via via più incisive.

C’è poi una riflessione strategica. La correzione dell’anno scorso, più lunga, e quella veloce di queste due ultime settimane, prefigurano i temi che ci preoccuperanno, molto più di oggi, nei prossimi tre anni. Si tratta del progressivo indurimento delle politiche monetarie e delle difficoltà che questo provocherà in alcuni paesi emergenti ai quali si aggiungerà a un certo punto la riapertura del dossier Europa, per ora riposto nel cassetto.

La nostra idea è che per tutto il 2014, come minimo, non vedremo un reale inasprimento delle politiche monetarie. In Europa e in Giappone vedremo semmai il contrario. Quanto all’America, il tanto temuto tapering è in realtà il fattore che tiene ancorati i tassi a lungo e impedisce loro di salire. Se la Fed, in presenza di un’economia in accelerazione, continuasse il Quantitative Easing aggressivo del 2013, il mercato comincerebbe a scontare un aumento veloce dell’inflazione dal 2016 in avanti e produrrebbe un rialzo dei rendimenti sui titoli lunghi non acquistati dalla Fed, come ad esempio i corporate bond.

(Nella foto: Studio Eliasson, Scalinata, Monaco)
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