Facciamo un esempio.
L'invecchiamento della popolazione è un fatto troppo strutturale per essere messo in discussione dal numero sproporzionato di vittime che il virus sta facendo nelle classi d'età più alte. L'invecchiamento, insomma, continuerà. Ma uno dei suoi corollari, la diffusione di centri per anziani (negli ultimi anni oggetto di interesse sulla borsa americana), appare destinato a un controtrend secolare non solo per la triste decimazione operata dalla falce del virus ma, soprattutto, per la sensazione di pericolosità che verrà a loro associata per qualche tempo.
Oppure pensiamo alle
auto, ritenute avviate alla fase discendente della loro storia nell'ambito dei due megatrend (destinati a resistere) della lotta ai cambiamenti climatici e dell'allontanamento dei Millennials dai beni durevoli di proprietà. In realtà le auto potrebbero ora vivere una nuova stagione, grazie al virus, come alternativa di salute rispetto ai pericolosissimi trasporti di massa. E andando a quel sottoinsieme dell'auto che sono il
car sharing e il
car pooling, potremmo vederli sfidare il controtrend secolare lanciato dal virus contro la sharing economy, veicolo di infezione già nel nome, perché sarà comunque meno pericoloso viaggiare con altri tre sconosciuti in car pooling che con altri cento in un vagone della metropolitana.
Ma se l'auto ha ancora un futuro, come mostrano le autostrade di nuovo ingorgate che attraversano Pechino mentre la sua tentacolare metropolitana è ancora mezza vuota,
ha un futuro anche il petrolio? Sicuramente. Il petrolio non è morto e avrà dal virus, oltre ai danni che vediamo oggi evidenti, qualche beneficio. Ci saranno per qualche tempo meno soldi per stimolare la
green economy, che risulterà ancora più costosa se paragonata a un petrolio a basso prezzo. E presto uscirà di scena una parte rilevante dello
shale oil americano che Russia e Arabia Saudita si sono unite per combattere. A un certo punto la domanda di greggio si risolleverà, mentre l'offerta calerà. Il prezzo non tornerà ai 60 dollari d'inizio anno e si fermerà probabilmente a metà strada tra i massimi e i minimi che abbiamo visto nel 2020, ma si uscirà da questa situazione insostenibile.
Detto questo, il tema secolare delle politiche volte a contrastare i cambiamenti climatici entrerà in una fase di ibernazione ma non scomparirà. Passata la tempesta, sarà anzi al centro della nuova fase di ricostruzione finanziata da investimenti pubblici, soprattutto in Europa. Si allenterà però per forza di cose la pressione regolatoria sulle imprese affinché decarbonizzino la produzione a loro spese.
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