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Sbagliando si impara...



Che differenza passa tra un minor ricorso al credito da parte di privati e imprese rispetto ad una situazione in cui è il sistema bancario a porre vincoli e paletti oltre ogni ragionevole dubbio sulla qualità del debitore? Nessuna... entrambe le situazioni si muovono su un precipizio chiamato deflazione e nel quale si rischia fortemente di cadere.

Il rischio è tanto più elevato quanto è più forte lo sforzo prodotto e orientato a saldare il debito pregresso, poiché essendo le manovre monetarie poco efficaci e la logica del privato tendenzialmente "pro domo mea", il peso ricade esclusivamente sulla Stato come erogatore finale di capitali e garanzie per il sopravvivere comune alla crisi.

Il Giappone insegna. Il ventennale declino del paese del Sol Levante, minato dalla deflazione, ha stressato le fondamenta economiche di una nazione ed il problema si ripropone adesso su più vasta scala gettando cupe ombre sui paesi ad elevato debito pubblico. Se è vero che il debito pubblico lordo Giapponese è passato dal 68% al 220% del PIL dal 1991 al 2010, possiamo immaginare per mutua induzione cosa potrebbe accadere a Paesi come l'Italia laddove il processo di stabilizzazione del settore privato non è nemmeno a metà dell'opera.

Questo spiega, in forza degli effetti provocati dalla crisi globale, il ricorso alle pressioni sui cambi come elemento determinante. Sotto quest'aspetto il prezzo più alto verrà pagato dall'area a cui appartiene il cambio più forte, situazione che nessuno vuole al proprio interno a scapito dei paesi appartenenti ad altre aree valutari; così gli USA pressano la CINA affichè rivaluti lo yuan, la CINA non ci sente e pressa gli USA affinchè ridiano vigore al Dollaro e l'Europa nel mezzo che difende a spada tratta il sistema economico dal virus dell'inflazione senza riconoscere, ma non lo dico io, che è il minore dei mali.

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