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Tra un sigaro e l'altro

Il vuoto elettorale e la frammentarietà degli schieramenti politici pongono a rischio la tenuta del sistema Italia.

Un giorno fisso della settimana i vertici delle principali banche mondiali si riuniscono in un club esclusivo e studiano i dati macroeconomici come disoccupazione, produzione industriale e manifatturiera, oltre ai cross valutari e ai differenziali tra i titoli dei principali debiti nazionali. L'analisi richiede poco più di un'ora, poi si tira la riga e si decide, insieme, come muoversi sui mercati finanziari. Una sorta di cupola o di loggia massonica che, muovendo i fili invisibili della finanza mondiale, se ne infischia della politica riducendola a ruoli subalterni.

Di tanto in tanto, nell'analisi del "club" rientrano anche le questioni politiche, sicuramente le più importanti, ma solo e soltanto quando sono ad alto impatto sui mercati e comunque principalmente quella statunitense e quella del dragone cinese. Per questo motivo è paradossale ribadire la necessità di liberalizzare i mercati e ravvivare la concorrenza, perché i mercati sono già liberi di andare dove vogliono, o meglio, di andare dove vuole il comitato d'affari che disponendo di risorse economiche praticamente illimitate riesce a mettere sotto scacco la politica per raggiungere i propri scopi. Anche in Italia esiste un comitato simile che intreccia gli interessi di politica e affari; si esplica nelle partecipazioni incrociate tra i membri componenti e risiede nei cenacoli milanesi, nelle stanze triestine e nei capannoni torinesi, che dopo essersi accordati strizzano l'occhio ai palazzi romani. La ragion d'essere di questo bel quadretto è evidentemente la speculazione che, per quanto riguarda l'Europa, mira ad allargare sempre di più i differenziali tra i tassi eurodeboli rispetto a quelli tedeschi, cioè alimentare fino alla rottura l'ormai noto spread rispetto al Bund tedesco.

Giova ricordare che le dinamiche degli spread sono stimolate da diversi fattori come i dissesti delle finanze pubbliche, lo stato comatoso del sistema bancario e la situazione pietosa dell'economia reale. La speculazione si infila proprio in queste situazioni, in questi pertugi, seguendo il filo del malessere economico ed aprendo il fuoco al momento opportuno, salvo poi fare un passo indietro quando si affaccia sul campo di battaglia la BCE; allora ritrae la testa e porta a casa ingenti guadagni.

Messo a fuoco questo meccanismo si può anche inquadrare meglio il ruolo di Mario Monti in questi lunghi mesi, durante i quali l'Italia ha davvero rischiato l'osso del collo, perché alla speculazione nulla importa della tenuta del nostro stato sociale. Mario Monti ha davvero salvato l'Italia dalla banca rotta, raschiando il fondo del barile , drenando denaro a piè veloce ed evitando che il nostro paese facesse la fine della Grecia e della Spagna. Adesso a bocce ferme si può dire che è stato proprio così. Era necessario dare un segnale forte alla speculazione, senza il quale anche il ruolo di Mario Draghi, al vertice della BCE, sarebbe stato vano.

Ma i rischi non sono dissipati perché l'Italia resta invischiata in una situazione di difficile risoluzione nell'immediato e sicuramente poco resiliente agli urti di nuove ondate speculative; la possibilità che dalle urne esca una sostanziale ingovernabilità è molto elevata e le responsabilità delle parti contendenti sembrano non andare oltre le dispute da pollaio. Quei signori che settimanalmente si riuniscono, per adesso ci ridono sopra, ma c'è da star sicuri che i cannoni sono già orientati e pronti a sparare.

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