Tecnicamente si chiama "
sussidio a piè di lista". La documentazione viene presentata in sede regionale e l’esborso vero e proprio avviene a Roma. Stiamo parlando della cassa integrazione in deroga, che riguarda oltre 500.000 lavoratori. Molti di questi non lavorano più e le aziende alle quali facevano riferimento, o fanno ancora riferimento, non esistono nemmeno più. Lo Stato però continua lo stesso a pagare per questo una somma più o meno pari al gettito dell'IMU cioè tra i 3,5 e i 4 miliardi di euro all'anno.
La
cassa integrazione in deroga non serve a nulla e a nessuno. Non serve ai lavoratori che ne beneficiano, perché rinunciano a riqualificarsi e a collocarsi di nuovo sul mercato del lavoro. Non serve ai giovani alla quale non sono ammessi, perché fuori dalla tutela dei sindacati e non serve nemmeno alle imprese, perché non si riqualificano più. Serve però a garantire le rendite di posizione conquistate negli anni e mal gestite in seno alle istituzioni da funzionari e politicanti di secondo profilo.
Il
Dipartimento del Tesoro ha chiesto lumi dopo che la
Commissione Parlamentare, che si è occupata della faccenda, ha rilevato che un sussidio ogni quattro percepiti è fasullo, cioè indebitamente percepito. Il Tesoro ha poi invitato il dicastero del
Welfare a circostanziare il fenomeno, ma l'unica risposta è stata che la distribuzione dei sussidi è attualmente ferma.
Si spera quindi che altri soldi pubblici non vengano dispersi in questa scandalosa voragine e si avvii un'incisiva riforma di quegli ammortizzatori sociali, più volte dichiarata ma mai attuata. Riforma che negli altri paesi è stata portata a termine, incentivando il lavoro, la produttività e garantendo un sano rilancio economico. Insomma, in un'Italia in cui dovrebbe cambiare tutto, non cambia mai nulla.