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No-Schengen! Cui prodest?

L'Europa viene destabilizzata tra tensioni con la Russia, terrorismo islamico ed immigrazioni di massa

La crisi economica iniziata nel 2008 ha messo progressivamente in difficoltà questo schema, che pur fra molte difficoltà aveva retto in precedenza: tutti ricordano bene le polemiche verso gli immigrati che tolgono il lavoro ai cittadini perché si accontentano di retribuzioni più basse e di contratti precari. Si è venuto a creare un ulteriore squilibrio, soprattutto nei Paesi che hanno fatto di più per il welfare nei confronti dei disoccupati ed in particolare di coloro che hanno salari più bassi del minimo accettabile per condurre una esistenza dignitosa: la Gran Bretagna, ad esempio, provvede con generosi sussidi che attirano disoccupati da tutto il Continente europeo e da fuori; basta vedere i campi dei migliaia di disperati oltre la Manica, in territorio francese, a Calais.

La Gran Bretagna, come è noto, non ha firmato il Trattato di Schengen. Si lamenta del "turismo del welfare", dei tantissimi disoccupati di altri Paesi europei che sono giunti a frotte per beneficiare delle consistenti misure di assistenza sociale e fiscale: in pratica, il Premier inglese Cameron si lamenta di dover provvedere con le risorse pagate dai contribuenti inglesi al malessere dei disoccupati di tanti altri Paesi.

La questione di Schengen è quindi completamente diversa: si tratta del ripristino dei controlli alle frontiere, che è stato deciso dalla Francia per ragioni di sicurezza nazionale dopo i recenti attentati, ma anche da Danimarca e Svezia per evitare l'ingresso di immigrati dall'esterno dell'Unione che dovevano essere ospitati dai Paesi di primo ingresso, secondo quanto dispone il Trattato di Dublino.

La Germania ha sparigliato le carte, annunciando all'improvviso che avrebbe ospitato anche un milione di profughi dalla Siria: lo ha fatto per evitare la destabilizzazione dei Balcani, visto che le tensioni provocate da questa marea in cammino avrebbe provocato un collasso in Macedonia e Serbia. Adesso si tratta con la Turchia, offrendole denaro per dare ospitalità ai nuovi profughi.

Le migrazioni interne all'Europa dei cittadini disoccupati sono un fenomeno facilmente gestibile, se c'è buona volontà, prevedendo qualche piccolo vincolo ai benefici per chi arriva e magari un rimborso a carico degli Stati di provenienza.

Ben più complicata è la situazione dell'immigrazione dall'esterno: finché continueranno le guerre in Medio Oriente e nel Nord e Centro Africa, e soprattutto finché non ci saranno prospettive di crescita economica, il flusso di immigrati proseguirà.

Destabilizzare l'Europa, creandole conflitti ad Est con la Russia per via dell'Ucraina, ed a Sud con le "primavere arabe", le guerre civili dappertutto, il terrorismo islamico e le immigrazioni, continua ad essere il misterioso driver della Storia odierna.

Modificare i Trattati, per reagire alla destabilizzazione, significa cercare altri equilibri, far saltare comunque quelli attuali.

C'è un filo rosso che lega tutto?

E, se c'è, cui prodest?

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