Ci sono poi le
conseguenze della guerra in Ucraina, delle sanzioni irrogate alla Russia e della decisione dell'Unione europea di trovare in tempi rapidissimi, al massimo un paio d'anni, fornitori alternativi di gas e petrolio: non ci sono sul mercato capacità di offerta immediatamente disponibili per fronteggiare la domanda straordinaria per la sostituzione della produzione della Russia e gli investimenti necessari per fronteggiare questa richiesta imprevista richiedono tempi di realizzazione e di ammortamento che non coincidono con la prospettiva di ridurre comunque il consumo di energie fossili.
Per quanto riguarda il
petrolio ed il gas, per gli impianti di estrazione e di trasporto già esistenti, c‘è dunque un certo grado di flessibilità nella offerta. Molto più rigida è invece la offerta di nuova capacità: i produttori hanno un controllo del mercato maggiore rispetto ai consumatori, soprattutto se questi ultimi hanno esigenze estemporanee e di breve durata.
La
domanda di energia è assai rigida, in quanto varia in modo pressoché proporzionale rispetto all'andamento del PIL: nel breve periodo, solo una crisi economica riduce la domanda in modo significativo. I risparmi energetici, la riduzione di quantità di energia consumata per unità di PIL, si ottengono solo nel medio periodo.
Il nodo energetico è sempre più stretto: i Paesi consumatori di energie fossili vogliono rendersi autonomi, puntando sulle energie rinnovabili, ma i processi di mercato e di tassazione ambientale su cui si basava la transizione ambientale si sono dimostrati irrealistici ed impraticabili.
Un pasticcio, se l'aumento dei prezzi di elettricità e gas non va agli investimenti nelle rinnovabili Energia, tutti soldi buttati via?
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