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Una Rete fatta di Nodi

Lo Stato entrerà nella Rete ex-TIM: un acquisto fatto a debito, per comprare... altro debito


Il successivo nodo da affrontare è quello delle partecipazioni incrociate della Cassa Depositi e Prestiti (CDP), di cui il MEF è azionista all'83%. Non solo la CDP detiene il 60% di Open Fiber, mentre il 40% è di proprietà degli australiani di Macquaire, ma ha anche il 9,81% di TIM, rispetto al 23,7% di Vivendi. Se, dunque, la CDP rimarrebbe esclusa dalla partecipazione all'azionariato che acquisterebbe la ex-rete di TIM, rimarrebbe un attore principale nella prospettiva di unificare le due reti, quella ex-TIM e quella di Open Fiber.

Anche in quest'ultimo caso, c'è stato un passaggio di mano: in precedenza, Open Fiber aveva due azionisti paritetici, entrambi al 50%, ENEL e CDP. Ad un certo punto, immaginando già di pervenire ad una fusione tra le due reti, quella di TIM e quella di Open Fiber, si ritenne del tutto incongrua la presenza contemporanea di due partner industriali, TIM ed ENEL, per cui si decise di far uscire Enel da Open Fiber. Quest'ultima società, che ha come scopo esclusivo la realizzazione e la gestione di reti di telecomunicazioni, agendo in particolare come concessionaria di INFRATEL per quelle nelle aree a fallimento di mercato, venne valutata complessivamente 5,5 miliardi di euro: il 50% messo in vendita da Enel fu comprato per il 40% dagli australiani di Macquaire, e per il 10% dalla CDP che arrivò così al 60%.

Se rimanessero fermi i numeri già noti, da un'eventuale fusione tra la ex-rete di Tim e quella di Open Fiber nella ipotesi che avesse un valore pari alla somma aritmetica delle due entità, le quote azionarie sarebbero queste: KKK avrebbe il 48%; il Mef + F2I + l'altro socio italiano previsto, avrebbero insieme il 28%, cui si aggiungerebbe il 12% della CDP arrivando così al 40%; Macquaire l'8%.

Deve essere chiaro un altro punto: lo Stato sta finanziando da anni, attraverso Infratel che emana appositi bandi, gli investimenti necessari per la posa della fibra ottica e di altre connessioni a larghissima banda nelle aree a fallimento di mercato, definite aree bianche, e nelle altre in cui ci sarebbe un solo operatore ad agire senza concorrenti denominate aree grigie. Alla scadenza della concessione di Open Fiber, sempre che rimanga in essere dopo la ipotizzata fusione tra le due società, Net.co ed Open Fiber, le infrastrutture realizzate da quest'ultima con i fondi erogati da Infratel dovranno essere retrocesse allo Stato, che ne è stato il finanziatore.
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