Facebook Pixel
Milano 17:35
34.296,31 +0,14%
Nasdaq 18:34
17.785,58 +0,38%
Dow Jones 18:34
38.357,65 +0,31%
Londra 17:35
8.147,03 +0,09%
Francoforte 17:35
18.118,32 -0,24%

La Tunisia si sente in trappola, tra Ue e Fmi

Troppi passi indietro dopo la Conferenza di Roma

La Tunisia è rimasto l'ultimo snodo strategico nel Mediterraneo su cui l'Occidente può cercare di mantenere la presa dopo che l'Egitto è entrato a far parte dei BRICS, mentre l'Algeria è sempre più legata alla Cina ed alla Russia e distante dalla Francia, ed in Libia il leader di Tobruk Haftar discute la concessione di una base navale a Mosca.

L'Italia si barcamena: tenta la sortita, ma poi viene messa alle strette.

Non deve essere andata giù a tanti, probabilmente a troppi, non solo alla Francia ed alla Germania ma anche all'establishment bruxellese, l'iniziativa di convocare a Roma una Conferenza internazionale sullo Sviluppo e le Migrazioni, organizzata di comune intento con il Presidente della Tunisia Kaïs Saïed. La sua posizione di assoluta intransigenza, che lo ha portato a rifiutare gli aiuti finanziari per 2 miliardi di dollari proposti dal Fmi, che chiede in cambio la adozione di riforme economiche assai impopolari, deve essere andata di traverso anche a Washington. Fu durissima infatti la posizione che espresse a Roma in ordine alle politiche occidentali di assistenza e di sostegno allo sviluppo: di fronte al rappresentante del Fmi, che partecipava come invitato alla Conferenza, sostenne la necessità di dare vita ad un Nuovo Fondo monetario internazionale, che abbia come capitale l'annullamento dei crediti vantati nei confronti dei Paesi del Sud del Mondo ed il "denaro rubato".

Mentre lo stallo nei colloqui col Fmi prosegue, l'Arabia Saudita ha concesso intanto a Tunisi aiuti per 500 milioni di dollari, di cui 400 milioni con prestiti a tasso agevolato e 100 milioni come sovvenzioni. Questo è un punto geopolitico che talora sfugge: se il Presidente Saïed ha appena annunciato con grande clamore mediatico di non volere accettare la "carità" offerta dall'Unione europea, poiché il denaro che mette sul piatto non vale la perdita della sovranità da parte della Tunisia, ha probabilmente altri canali aperti.

E qui sta il nodo, che è per l'appunto geopolitico: tutto comincia con la Rivoluzione dei Gelsomini, ed il defenestramento dell'allora Presidente Ben Alì. Il fermento sociale che ne è derivato, rompendo equilibri consolidati, nel 2019 portò alla elezione di Saïed, a larghissima maggioranza di suffragi popolari. Mentre i conflitti interni proseguivano, sempre più aspri, la precedente classe dirigente non si rassegnava a cedere il passo: accusandola di voler ordire un colpo di Stato, nel 2021 Saïed assunse provvedimenti di emergenza facendo arrestare gli oppositori interni, tra cui Rached Ghannouchi, leader del movimento islamico tunisino Ennahdha ed ex presidente del Parlamento di Tunisi. Costui, per protesta, ha appena iniziato uno sciopero della fame ad oltranza.
Condividi
"
Altri Editoriali
```