(Teleborsa) -
Prosegue l'abbandono degli studi di settore, così come previsto dalla
manovra correttiva. Un sollievo per molti lavoratori e imprese, che otterranno al loro posto
70 nuovi indicatori di affidabilità fiscale (23 arriveranno già a settembre, e gli altri entro fine anno).
Un numero comunque
inferiore rispetto ai 193 studi attivati dall’Amministrazione finanziaria, a cui sono sottoposte poco più di
3,5 milioni di partite Iva. Oltre il
73% dei contribuenti (pari a 2,6 milioni di attività) risulta congruo, ovvero rispetta le richieste avanzate in materia di ricavi.
Questi cittadini, tuttavia,
rimangono ancora nel mirino del fisco, nonostante per gli studi risultino soggetti affidabili. Esiste una
norma di legge che consente all’Amministrazione di effettuare una
ulteriore azione sulla medesima annualità e sulla stessa categoria di reddito, indipendentemente dalla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi.
Nel 2016 sono stati poco più di 368 mila gli accertamenti in materia di
Iva, Irap e imposte dirette.Non va dimenticato che
in 18 anni di vita questo strumento ha garantito un grosso apporto di gettito alle casse del Stato. Secondo una stima elaborata dall’
Ufficio studi della CGIA dal 1998 al 2015 (ultimo dato disponibile), a fronte di 49,2 miliardi di euro di maggiori ricavi ottenuti attraverso l’adeguamento spontaneo in sede di dichiarazione dei redditi, questi si sono tradotti in
19,6 miliardi di euro di tasse in più.
Secondo l'Associazione è difficile valutare
quanti di questi soldi siano il frutto di una graduale emersione della base imponibile e quanti siano riconducibili a tasse aggiuntive. Per evitare gli errori del passato, conclude la
CGIA, sarà necessario monitorare il periodo di transizione delle nuove tabelle, al fine di garantire una maggiore semplificazione nei rapporti con il fisco, anche attraverso
premi a coloro che sono in regola.