(Teleborsa) -
Esplosa in maniera inaspettata, la questione legata
all'ex-Ilva ha investito il
Governo, catalizzando - con la sua potente deflagrazione - l'attenzione a più
livelli, ormai da giorni. Mentre l'esecutivo cerca
l'ultima mediazione per convincere i
Mittal a fare dietrofront, in tanti fanno notare come questa in realtà sia solamente la
punta dell'iceberg di una crisi globale. Dopo un biennio di
espansione, per il settore sembra essersi aperta una stagione di
ridimensionamento.
Una crisi che ha investito i
principali produttori europei, alla quale di certo non ha giovato la "guerra dei dazi" innescata dalle politiche protezionistiche del
Governo Trump.
"Le condizioni dell’industria siderurgica nel Vecchio continente stanno precipitando in fretta": questo il monito lanciato di recent da
Eurofer sottolineando come
"Negli ultimi mesi c’è stato un improvviso e netto
peggioramento delle prospettive per l’industria europea dell’acciaio", che ora si trova ad affrontare una
"crisi acuta, con gravi impatti s
ull’occupazione".
NON SOLO ARCELOR - Lo scorso maggio,
British Steel aveva portato i libri in tribunale, rimasta a suo dire intrappolata nella morsa della
Brexit. Ed è notizia proprio di queste ore che la compagnia siderurgica britannica dovrebbe finire nelle mani del
gruppo cinese Jingye. Tra l'altro, nelle scorse ore, più di qualcuno aveva parlato proprio di
"modello British Steel" per il
salvataggio dell'ex Ilva prendendo spunto da alcune comuni criticità come quelle ambientali.
L'accordo - che ancora deve essere ratificato - prevede da un lato
l’impegno di Jingye a investire 1,2 miliardi di sterline nel prossimo decennio
salvando migliaia di posti di lavoro, dall'altro il
Governo di Boris Johnson mette sul piatto
precise garanzie finanziarie (centinaia di milioni di sterline in
prestiti e sgravi fiscali).
TATA STEEL EUROPE, TAGLI IN ARRIVO - All'appello c'è anche il gruppo siderurgico indiano Tata Steel, pronto ad annunciare un programma relativo alla
riduzione del numero dei propri dipendenti in Europa. I media indiani anticipano che potrebbe
"tagliare oltre 2.500 posti di lavoro, il 25% del totale".
Ne ha parlato, seppur in maniera piuttosto velata, in un'intervista al Financial Times l'amministratore delegato europeo del gruppo,
Henrik Adam, e il
Gruppo ha spiegato che
"non ci saranno chiusure di impianti, ma l'obiettivo è quello di proteggere la società dall'enorme numero di sfide che deve affrontare".
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