(Teleborsa) - Le
imprese di Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto devono ripartire il più in fretta possibile per
non "spegnere definitivamente il proprio motore" con il rischio di "non riuscire più a rimetterlo in marcia".
È quanto chiede la
Confindustria delle 4 Regioni del Nord Italia, ricordando che si tratta delle regioni che rappresentano il
45% del Pil italiano. In una nota, gli industriali di Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto sottolineano che "mai nella storia della Repubblica ci si è trovati ad affrontare una
crisi sanitaria, sociale ed economica di queste proporzioni. In questo gravissimo contesto, la salute è certamente il bene primario (le Regioni sono quelle maggiormente colpite dal coronavirus
ndr), e
ogni contributo affinché si possano alleviare e contrastare le conseguenze dell'epidemia è cruciale".
Bisogna tuttavia essere "consapevoli che
all'emergenza sanitaria seguirà una profonda crisi economica: dobbiamo quindi essere in grado di
affrontarla affinché non si trasformi in depressione e per farlo abbiamo bisogno innanzitutto di
riaprire in sicurezza le imprese", si legge nel documento.
In particolare, le associazioni regionali degli industriali chiedono di "
uscire dalla logica dei codici Ateco, delle deroghe e delle filiere essenziali a partire dall'industria manifatturiera e dai cantieri. È una logica non più sostenibile e non corretta rispetto agli obiettivi di sanità pubblica e di sostenibilità economica.
Il criterio guida è la sicurezza".
Le imprese - ricordano gli industriali - si sono già
dotate di "alcuni importanti strumenti per modulare i propri comportamenti in questa difficilissima situazione, in primis il Protocollo di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro".
In sintesi, ribadisce Confindustria, bisogna "
ripartire rapidamente per dare al Paese, alle imprese e ai lavoratori un'agenda chiara ed un quadro certo in cui operare. Il criterio guida è la sicurezza: le aziende sicure sono tutte uguali. Per questo occorre condividere un modello di collaborazione con istituzioni, autorità sanitarie, associazioni industriali e sindacati".