(Teleborsa) - Secondo un sondaggio diffuso oggi al
Forum Ambrosetti in corso a
Cernobbio (Como) sono
Germania, Italia, Francia i tre
Paesi che avrebbero
gestito meglio la
crisi sanitaria del Covid-19, rispettivamente con il
36,4% dei voti,
30% e
7,3%.
Per il
2020, il modello di stima del PIL elaborato da The European House - Ambrosetti prevede una contrazione pari a
-10,8% , con una forbice previsionale tra
-7,8% e -13,8%, a seguito degli effetti della crisi sanitaria che ha travolto anche la nostra economia. Per il settore manifatturiero l'impatto stimato per l'anno
2020 è pari a -21,4%. È quanto emerge dallo studio strategico sul futuro dell'industria italiana condotto da The European House - Ambrosetti per
Fondazione Fiera Milano e presentato in occasione della 46esima edizione del Forum.
Lo studio, nel sottolineare che la
crisi legata all'emergenza sanitaria da Covid-19 rappresenta il primo shock
esogeno, dopo la crisi petrolifera del 1979, che coinvolge sia domanda sia offerta, porla di una
"situazione attesa per l'Italia allarmante". E ancora: il 70% delle aziende italiane ha registrato un
calo di fatturato rispetto allo scorso anno e, di questi, quasi la metà ritiene che il proprio fatturato subirà una
flessione superiore al 25% nel 2020.
L'analisi mette in evidenza che è fondamentale per l'Italia riportare
i temi dell'industria al centro del dibattito strategico e
dell'agenda d'azione nazionale. L'industria manifatturiera è da sempre un
asset fondamentale per la
crescita dell'Italia. Andando nel dettaglio, il processo di lavorazione e trasformazione di prodotti e beni di consumo coinvolge quasi mezzo
milione di imprese, per quasi
4 milioni di occupati e 267 miliardi di euro di valore aggiunto. Secondo i calcoli dei consulenti di
The European House - Ambrosetti,
per ogni euro investito nell'industria italiana, se ne generano
2,1 per il sistema-Paese.
Permangono però alcune grandi questioni di fondo che
"zavorrano" il potenziale dell'industria italiana: rallentamento della produttività (negli ultimi 20 anni la produttività in Italia è rimasta ferma, contro una media di circa +20% dei competitor internazionali), funzionamento poco efficace della P
ubblica Amministrazione (le imprese che operano in Italia sono le meno soddisfatte in Europa per qualità della PA), ecosistema
dell'innovazione ancora poco dinamico (l'Italia investe l'1,39% del PIL in R&S, l'obiettivo europeo è del 3% a fine 2020), diffusione di una cultura antindustriale e progressivo impoverimento delle relazioni tra
l'industria e le parti sociali. Per questo, la ripartenza del Paese
non può prescindere da un piano d'azione serio e articolato per colmare il divario di competitività ad attrattività tra l'Italia e i suoi competitor internazionali.
Ancora numeri: le oltre
50 manifestazioni realizzate da Fiera Milano nel 2019 hanno generato
17,5 miliardi di euro di export per le aziende espositrici. Non solo. Il contributo totale (diretto, indiretto e indotto) al PIL generato dalle "vendite fieristiche" è pari a
53,7 miliardi, che equivale al 3% del PIL nel 2019.
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Per i manager di Cernobbio, infine, sarà la
"guerra fredda tecnologica" fra
Usa e Cina il fattore di maggiore impatto sugli equilibri internazionali post Covid, risposta votata dal 46,9% degli intervistati. Tra i fattori da monitorare la crescita delle tensioni in Asia f
ra Cina e India (30,6%) e le elezioni presidenziali (20,%).