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ISTAT, povertà ed esclusione sociale erano in calo pre-pandemia

Livello della disuguaglianza stabile, condizioni peggiori per famiglie con almeno un cittadino straniero

Economia, Welfare
ISTAT, povertà ed esclusione sociale erano in calo pre-pandemia
(Teleborsa) - Pur restando molto elevata, nel 2019 la percentuale di popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale si era ridotta rispetto al 2018 (da 27,3% a 25,6%) per la minore incidenza delle situazioni di grave deprivazione materiale e di bassa intensità lavorativa. È la fotografia dell'ISTAT delle condizioni delle famiglie italiane pre-pandemia.



Nel 2019, il 20,1% delle persone residenti in Italia risulta a rischio di povertà (circa 12 milioni e 60 mila individui), cioè hanno un reddito netto inferiore a 10.299 euro (858 euro al mese). Il 7,4% si trova in condizioni di grave deprivazione materiale e il 10% vive in famiglie a bassa intensità di lavoro, ossia con componenti tra i 18 e i 59 anni che, nel 2018, hanno lavorato meno di un quinto del tempo.

Pur essendo il terzo paese con il miglioramento più ampio dell’indicatore, nel 2019 la percentuale di popolazione italiana a rischio di povertà o esclusione sociale è di gran lunga al di sopra di Repubblica Ceca (12,5%) e Slovenia (14,4%) e dei paesi europei più grandi come Germania (17,4%) e Francia (17,9%) mentre è prossima alla Spagna (25,3%).

Nel 2019, l’incidenza del rischio di povertà o esclusione sociale resta elevata tra gli individui che vivono in famiglie con cinque o più componenti (34,3%), nonostante un chiaro miglioramento rispetto allo scorso anno (36,9%). I componenti delle famiglie con almeno un cittadino straniero presentano un rischio sensibilmente più elevato (38,1%, in marcato calo dal 42,7% del 2018) rispetto a chi vive in famiglie di soli italiani (24,0%, da 25,5%).

Nel 2018, si stima che le famiglie residenti in Italia abbiano percepito un reddito netto pari in media a 31.641 euro, ossia 2.637 euro al mese. La crescita rispetto all’anno precedente decelera in termini nominali (+0,8% da +2,6%) ed è lievemente negativa in termini reali (-0,4% da +1,2%). Rispetto all’anno precedente, nel 2018 i redditi familiari medi in termini reali (esclusi gli affitti figurativi) sono cresciuti solo nel Mezzogiorno (+0,8%), sono diminuiti nel Centro (-1,0%) e nel Nord-est (-1,8%), rimanendo invece invariati al Nord-ovest (+0,1%). I maggiori incrementi si osservano per le coppie senza figli (+0,7%) e per le coppie con figli (+0,5%); in riduzione invece i redditi familiari reali per le persone sole (-2,5%).

Il livello della disuguaglianza nella distribuzione dei redditi è sostanzialmente stabile. Nel Mezzogiorno è più accentuato, con il 20% più ricco della popolazione che ha un reddito, inclusivo degli affitti figurativi, pari a 5,8 volte quello della fascia più povera; il dato più basso si registra nel Nord-est (3,9), seguito dal Centro (4,4) e dal Nord-ovest (4,5).

Nel 2018, l’aliquota media del prelievo fiscale a livello familiare rimane stabile al 19,5%, in linea con i quattro anni precedenti. Le aliquote medie più basse si registrano quindi tra le coppie con uno o più figli minori (13,7%), che tornano al livello del 2016 (13,8%) dopo l’impennata del 2017 (15,8%) e tra le famiglie monogenitore (16,7%). Sempre in relazione ai nuclei di un solo percettore, le coppie con tutti figli adulti, tra le più avvantaggiate dell’anno 2017 (16,1%), mostrano un carico fiscale in forte crescita, un punto sopra il dato nazionale (20,3%). Viceversa le coppie senza figli con persona di riferimento oltre i 65 anni continuano a essere le più penalizzate (aliquota media al 21,2%), per via di una maggiore capacità di generare reddito (28.860 euro lordi in media).
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