(Teleborsa) -
C'è qualche discrepanza sui dati dell'andamento dei prestiti alle imprese: se l’Abi afferma che il credito alle imprese ha registrato un incremento, per la Cgia di Mestre invece l’effetto delle misure governative si sarebbe già esaurito ed i prestiti sarebbero già tornati a calare.
Secondo l'associazione rappresentativa dell'artigianato e delle PMI,
fra la fine di febbraio ed il mese di novembre 2020, gli impieghi bancari al lordo delle insolvenze avevano subito
un’impennata importante , raggiungendo un picco di 741 miliardi, e nel periodo più nero della pandemia gli impieghi bancari lordi erogati alle imprese erano aumentati di oltre 40 miliardi.
Successivamente, il flusso dei prestiti alle imprese è
tornato a scendere: tra il novembre dell’anno scorso e il mese di agosto 2021, il flusso
si è contratto di 22 miliardi, portando lo stock complessivo dei prestiti
a quota 732,2 miliardi. Solo nell’ultimo anno (agosto 2020 su agosto 2021) la riduzione è stata di 8,9 miliardi di euro. Se allarghiamo l’arco temporale di osservazione di questo fenomeno agli ultimi 10 anni, il crollo è stato pesantissimo: -267,6 miliardi di euro.
La Cgia ritiene, in sostanza, che
nonostante le garanzie pubbliche messe in campo e rifinanziate anche per il 2022, a seguito delle misure restrittive in materia di valutazione del credito introdotte a livello europeo,
non convenga più alle banche erogare liquidità alle imprese.
Un'affermazione alla quale
l’Abi ha prontamente replicato, segnalando che i
prestiti alle imprese sono cresciuti ad agosto 2021 dell’1,2%, in base ai dati Bankitalia. Ed il vicedirettore generale dell’Abi, Gianfranco Torriero ha ricordato che "per effettuare confronti comparabili nel tempo, occorre
tener conto nel periodo considerato
delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari ma che rimangono come finanziamenti alle imprese"”.
Una spiegazione che la
Cgia prontamente ha messo in discussione, sottolineando che il tasso di crescita dell'1,2% "in realtà è calcolato sulla media delle variazioni degli ultimi 12 mesi". Per la Cgia si tratta, dunque, "di variazioni su consistenze che, pur pulite da cartolarizzazioni e crediti ceduti, non colgono la dinamica congiunturale degli impieghi alle imprese che scendono invece di mese in mese".