(Teleborsa) -
Sono insufficienti azioni e impegni intrapresi nel contrasto al cambiamento climatico. Un'evidenza - a pochi giorni dall'inizio della Cop28 di Dubai - ormai sotto gli occhi di tutti, tanto più che
l'anno che sta per finire si candida a essere il più caldo di sempre, un primato che certamente non resterà isolato visto lo scenario decisamente preoccupante.
Secondo l
’Emissions gap report 2023, infatti, la piena attuazione dei contributi nazionali incondizionati previsti dall’Accordo di Parigi, consentirebbe al mondo di limitare l’aumento della temperatura a 2,9 gradi rispetto ai livelli preindustriali in questo secolo". Non andrebbe meglio neppure sommando la piena attuazione degli impegni condizionati (grazie ad aiuti finanziari esterni), visto che si scenderebbe a 2,5 gradi, decisamente lontani dalla soglia di sicurezza di 1,5 gradi fissata dalla scienza, e messa nero su bianco dall’Accordo di Parigi del 2015, per evitare gli effetti ancora più drammatici.
"Non c’è persona o economia che non sia toccata dai cambiamenti climatici", ha sottolineato Inger Andersen, direttore esecutivo dell’Unep. "Dobbiamo quindi smettere di far aumentare le emissioni di gas serra e le temperature globali".
Un tema, quello del cambiamento climatico, che tra l'altro non è solo ambientale ma anche
economico con rilevanti effetti sul PIL. Secondo un recente studio Bankitalia "sulla base delle analisi effettuate incrementi che portassero le temperature medie nel 2100 a essere più elevate di +1,5°C rispetto a oggi (uno scenario corrispondente a un quadro di future emissioni di gas serra “intermedio”), il Pil pro capite «potrebbe risultare alla fine del secolo tra il
2,8 e il 9,5% inferiore rispetto al valore che avrebbe nel caso in cui crescesse del 2 per cento l’anno, il ritmo medio registrato nel secolo scorso".