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Corpus irregulare

Europa, problemi a medio termine, non a breve

Un commento sull'Europa di un politico americano con aspirazioni presidenziali. “Un corpo snervato, incapace di regolare le sue parti. Insicuro nei confronti dei pericoli esterni e agitato da continui e crescenti sommovimenti nella sua pancia. Una lunga storia di confusione, di debolezza verso i forti e di forza oppressiva verso i deboli. Insomma un mostro politico deforme”. Così scriveva James Madison sul Federalist nel 1787 riferendosi all'Unione Europea dei suoi tempi, il Sacro Romano Impero. Madison, che sarebbe diventato presidente nel 1809, indicava nell'impero, un'accozzaglia informe di stati e staterelli a geometria e geografia continuamente variabile cuciti insieme con un inutile dispendio di scienza giuridica, il modello federale da non seguire.

Madison riuscì a vedere la fine ingloriosa dell'impero, travolto da una Francia che stava accendendo micce nazionaliste in tutto il continente e dissolto in fretta e furia da Francesco II d'Austria nel 1806. E tuttavia, nei suoi mille anni di storia inaugurati dal franco-tedesco Carlo Magno, l'impero aveva spesso esercitato una funzione positiva e stabilizzatrice nell'area politicamente più irrequieta del pianeta, l'Europa.

Gli imperi, storicamente, sono sempre stati entità più fluide degli stati. Hanno sempre avuto un nucleo etnico centrale che disponeva della potestas (gli italici e poi i greci nella Romània, i tedeschi nel Sacro Romano Impero, gli inglesi nell'impero britannico fino ai russi nella III Internazionale) ma l'imperium ha sempre dovuto derivare da un'auctoritas socialmente riconosciuta, ovvero dal senso di una missione universale condivisa. Galli e britanni erano lieti di essere cittadini romani. L'italiano Dante ammirava l'impero e non si preoccupava della sua impronta tedesca. Il giovane Gandhi era orgoglioso di essere parte dell'impero britannico.

(Nell'immagine: James Madison, uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti)
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