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La curva

Invertita? Piatta? No, regolare


Per anni abbiamo parlato di ritorno quasi completato alla normalità dopo la grande crisi del 2008, ma era una normalità striminzita, fatta di crescita bassa, di inflazione positiva ma anemica, di tassi reali inesistenti e di quantitative easing messo magari nel cassetto ma sempre pronto a essere ritirato fuori da un momento all'altro.

In realtà, guardando le cose dall'alto, ci accorgiamo che nella normalità, quella di una volta, stiamo iniziando a entrarci solo adesso e che qui resteremo verosimilmente nella prima metà del prossimo decennio. Una situazione da primi anni Sessanta con un mercato del lavoro teso ma non ancora troppo squilibrato, una solida inflazione strutturale non ancora troppo alta, un forte impulso fiscale che genera una crescita brillante e una produttività in accelerazione e, infine, una politica monetaria che fa da ancella a quella fiscale e fa parlare poco di sé.

Per entrare in questa storia augurabilmente di successo ci sono però dei prezzi da pagare da parte dei mercati finanziari.

Il primo è che il ritorno dei rendimenti reali positivi (tanto più positivi quanto più ci si allunga nella durata) è una buona notizia per chi inizia oggi a investire liquidità, ma lo è meno per chi ha comprato bond in questi dieci anni di repressione finanziaria. Rendimenti che ci eravamo abituati a considerare tollerabili diventano nel nuovo mondo miseri e punitivi e i nostri vecchi bond devono scendere di prezzo per essere competitivi con i nuovi.

Il secondo prezzo da pagare è che i multipli azionari, calcolati sulla base del decennale americano, devono anch'essi adeguarsi alla nuova realtà e quindi scendere, a partire da quelli particolarmente elevati delle società di crescita, come la tecnologia in America o il lusso in Europa. La caduta dei mercati in queste ore viene proprio da questa consapevolezza. La stagionalità negativa di ottobre esaspera questa caduta, che verrà riassorbita in parte dalla stagionalità positiva di fine anno, ma la questione di fondo resta. Si tratta di ritornare alla lavagna e rifare i calcoli sulla base di una discesa dei multipli che, iniziata già da gennaio, proseguirà lentamente nei prossimi anni.

Il terzo prezzo da pagare è che, in generale, il passaggio dalla spinta monetaria alla spinta fiscale invertirà il rapporto tra crescita dell'economia e crescita degli asset finanziari. Nei dieci anni passati la prima è cresciuta poco e i secondi molto. Nei prossimi sarà il contrario.

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