Chi ha asset americani, o ne sta considerando l'acquisto, deve dunque decidere su che tempistica si vuole posizionare. Nelle prossime settimane vedremo filiere produttive in crisi, caos nei prezzi (che molti proveranno ad alzare anche se non colpiti dai dazi) e grande volatilità a Wall Street (che non ha ancora scontato del tutto gli elementi negativi). Trump, quando vedrà eccessi di ribasso, metterà sul piatto accordi bilaterali o aperture sui dazi, ma per qualche tempo non riuscirà a invertire stabilmente la direzione dei mercati. La Fed rimarrà immobile, certamente fino a giugno e forse anche oltre.
Verso fine anno vedremo calmarsi la bufera dei dazi e rientrare l'inflazione, soprattutto se l'economia, come è probabile, starà rallentando. Cominceremo anche a vedere tagli di tasse e deregulation.
Nel medio periodo, la scelta di stare strategicamente in America dipenderà da quanto si considerano dovute (e quindi irreversibili) le scelte di Trump. Una futura amministrazione democratica eliminerà i dazi? Perseguirà una politica di dollaro forte? E da che livello? Si riavvicinerà alla Cina?
L'impressione è che, al di là dello stile,
molte delle decisioni di Trump siano dovute o bipartisan, come nel caso della Cina. Nel dubbio, i momenti di forza del mercato (più nel 2026 che quest'anno) saranno l'occasione per ridimensionare la presenza dell'America nei portafogli. Senza per questo scomodare prematuramente i barbari alle porte o la caduta dell'impero.
(Foto: Yuriy Kobets - stock.adobe.com (ex Fotolia.it))
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