(Teleborsa) - Il governo dà formalmente il via alla
privatizzazione di Poste Italiane, primo step di un più
ampio piano di dismissioni pubbliche, che ha la finalità di raccogliere circa
20 miliardi di euro in tre anni, pari a circa l'1% del PIL. La vendita di una quota di minoranza di Poste è solo la prima di una serie di operazioni che saranno annunciate nei prossimi mei e segue la vendita del 25% di Banca MPS.
Il Consiglio dei Ministri di ieri, ha esaminato il tema relativo alla "definizione dei criteri per l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal Ministero dell’economia e delle finanze in Poste Italiane" ed ha "approvato, in esame preliminare, un provvedimento che regolamenta l’alienazione di una quota della partecipazione detenuta dal MEF nel capitale di Poste Italiane".
La vendita della quota - assicura Palazzo Chigi - sarà "tale da mantenere una partecipazione dello Stato, anche indiretta, che
assicuri il controllo pubblico", mentre "le modalità di alienazione tenderanno anche a
favorire la tutela dell'azionariato diffuso e la stabilità dell'assetto proprietario".
Il MEF attualmente detiene una quota del 29,6% di Poste Italiane ed un altro
35% è nel portafoglio della Cassa Depositi e Prestiti. Una "salda" maggioranza di circa il 75% che potrebbe essere ridotta mantenendo sempre il controllo della società che gestisce il servizio postale universale. Secondo le ipotesi circolate nell'ultimo periodo, il
Tesoro sarebbe intenzionato a porre sul mercato una quota del 13%, mantenendo comunque una salda maggioranza.
Il Governo ha così materialmente dato il via ad un
più ampio piano di dismissioni pubbliche, che nei prossimi mesi vedrà anche
la vendita di un 4% in Eni, che varrebbe 2 miliardi di euro. L'operazione però dovrà attendere ancora un po', perché a società del cane a sei zampe sta al momento completando un piano di buyback azionario (entro aprile), cui sarebbe subordinata la dismissione della quota in capo al MEF. Poi sarà la volta delle
Ferrovie dello Stato, società ancora in mano pubblica, per la quale non si esclude neanche una quotazione in Borsa, e di
un'altra tranche del pacchetto del 39% di MPS ancora in mano pubblica.