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Crisi di governo e sciocchezze extraparlamentari

Potenza delle sciocchezze: ancora una volta, il nostro Parlamento sarebbe stato umiliato nelle sue prerogative sovrane. Per molti commentatori e politici la crisi del Governo Letta è stata condotta tutto all’oscuro del Parlamento, a rimorchio delle decisioni della Direzione del PD. Anche la Presidente della Camera si sarebbe doluta, nel corso delle consultazioni con il Capo dello Stato, della mancanza di un dibattito parlamentare. La Presidenza della Repubblica, a sua volta, ha precisato che delle ragioni della crisi il Parlamento potrà ampiamente discutere nel corso del dibattito sulla fiducia al nuovo Governo.

Ci soffermiamo su quanto è successo in questi giorni per ricostruire la ragnatela di passaggi che hanno portato sia il Premier Letta a ricercare al di fuori del Parlamento il sostegno al rilancio del suo Governo, con un rimpasto o con un bis, sia la incapacità dei suoi pretesi supporter di evitare che fosse la Direzione del PD a decidere se togliere o meno il sostegno politico al Premier.

La settimana precedente si era chiusa con Enrico Letta che preannunciava una visita al Capo dello Stato il lunedì successivo (10 febbraio). E’ accaduto, invece, che il Capo dello Stato abbia invitato a cena il Segretario del PD Renzi: l’antifona era chiara. La cosiddetta sponda quirinalizia era venuta meno. L’incontro di Letta con il Capo dello Stato, avvenuta martedì, fu definita con una nota del Colle come un “rapido incontro con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per metterlo al corrente di questioni urgenti di governo prima della partenza del Capo dello Stato per Lisbona.” Più chiaro di così?

Se la reinvestitura di Letta non passava dal Quirinale, ciò non precludeva un passaggio parlamentare. Solo dopo che questa ipotesi era oggettivamente sfumata, fu lo stesso Quirinale a rimettersi alle decisioni della Direzione PD in ordine alla prosecuzione o meno del sostegno al Premier Letta. Doveva essere quest’ultimo, quindi, ad agire per primo, presentandosi alle Camere per chiedere una nuova fiducia, utilizzando il documento “Impegno Italia 2014”, che reca in calce il logo del Governo Italiano: era e rimane tuttora un documento ufficiale del Governo-istituzione, non è un patto politico tra partiti della coalizione. Letta ha scelto invece di convocare una conferenza stampa per presentarlo, anziché trasmetterlo alle Camere preannunciando di voler svolgere in merito “Comunicazioni del Presidente del Consiglio” su cui poteva chiedere il voto di fiducia: era una sua precisa prerogativa. E’ stato il premier Letta a scegliere la strada della crisi extraparlamentare, rimettendosi per primo alle decisioni della Direzione del PD, cui non ha partecipato. Sapeva che ne sarebbe uscito perdente.

Chi, al contrario, in Parlamento avrebbe voluto discutere della imminente crisi, non aveva altro da fare, a seconda dei casi, che presentare una mozione di fiducia oppure una mozione di sfiducia. Le Presidenze di Camera e Senato ovvero avrebbe riunito le rispettive Conferenze dei Capigruppo per calendarizzare la discussione. D’altra parte, se il Premier Letta lo avesse richiesto, sarebbe potuto intervenire ad horas, visto che per una mozione di fiducia non si devono attendere i tre giorni che la Costituzione richiede per la discussione di una mozione di sfiducia.

Insomma, tutti coloro che ora si stracciano le vesti lamentandosi del fatto che la crisi sia maturata all’esterno del Parlamento e che questo non abbia potuto discutere e decidere tempestivamente sulle sorti del Governo Letta, sappiano che questa è stata una scelta precisa: il Presidente Letta avrebbe potuto presentarsi alle Camere e non limitarsi alla Conferenza stampa, avvalendosi della prerogativa stabilita dall’articolo 64 della Costituzione, secondo cui “I membri del Governo, anche se non fanno parte delle Camere, hanno diritto, e se richiesti obbligo, di assistere alle sedute. Devono essere sentiti ogni volta che lo richiedono.”. Deputati e Senatori, di maggioranza e di opposizione, avrebbero potuto presentare una mozione, di fiducia o di sfiducia.

I Parlamenti sono nati per dare voce al popolo: nessuno può farli tacere. Se tacciono, non è questione di regole infrante ma di convenienze politiche. Maggioranze ed opposizioni, nuove e vecchie, parlano solo quando vogliono. Talvolta il bavaglio se lo mettono per finta, da sole, per non dover parlare: la storia deve fare il suo corso. Spetta ai morti il compito di seppellire i morti.

Così è se vi pare.

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