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Da Quota 90 all'Euro, il filo nero della speculazione

Da Mussolini ad Andreotti, da Baffi a Ciampi: la libertà dei capitali è pagata da imprese e lavoratori


Anche stavolta, bisogna ricorrere ad una supposizione: nel '73 c'era stata la crisi petrolifera, che aveva portato alle stelle il prezzo del petrolio. C'era stata una fiammata dei prezzi, che scontavano il rincaro energetico, e la bilancia commerciale italiana aveva sbandato, segnando rosso fisso. La "tassa dello Sceicco", il rapporto peggiorato tra manufatti esportati e petrolio importato, aveva eroso la competitività delle nostre esportazioni. Una svalutazione si sarebbe ripercossa sui prezzi al consumo, alimentando la rincorsa salariale che era garantita solo in parte dalla "scala mobile", per via dell'accordo sul punto unico di contingenza: in pratica, erano completamente coperti solo i salari più bassi. Ancorarsi allo SME (Sistema monetario europeo), con una sorta di cambio fisso entro bande di oscillazioni concordate rispetto alle altre monete europee, avrebbe limitato la pressione a svalutare, che avrebbe comportato una riduzione delle retribuzioni reali per la gran parte dei lavoratori. Ci sarebbero state proteste sindacali, scioperi, serrate da parte degli industriali: da una parte si sarebbero chiesti salari più alti, dall'altra ci si sarebbe opposti, minacciando licenziamenti e fallimenti. Le svalutazioni sarebbero state distruttive, socialmente ed economicamente.

Anche l'ingresso nell'euro fu una resa. Si rinunciò completamente alla sovranità monetaria, una scelta di cui Carlo Azeglio Ciampi, Governatore di Banca d'Italia, poi Presidente del Consiglio e quindi Ministro del Tesoro, fu un decisissimo e determinante sostenitore.

Di svalutare la Lira non ci sarebbe più la possibilità, nonostante vi si fosse fatto ricorso con grande successo ancora nel 1996, durante il governo Dini.

Bisogna chiedersi come mai Ciampi fosse tanto favorevole all'Euro. Probabilmente, ma è una mia supposizione, voleva cancellare ogni possibile ripetizione degli eventi di cui era stato suo malgrado protagonista nel '92, quando aveva assistito da Governatore allo svuotamento delle riserve della Banca d'Italia: per mantenere fede all'impegno del cambio fisso stabilito con lo SME, non procedette alla svalutazione della Lira se non a settembre, quando ben 30 mila miliardi di capitali italiani erano andati all'estero. Fu una follia. Molti capitali tornarono indietro solo a metà del '93, con un guadagno enorme per chi aveva speculato.

L'illusione di Ciampi. Aderendo all'Euro ed abbandonando la Lira, si illudeva che la speculazione non si sarebbe più abbattuta sull'Italia.

La speculazione finanziaria ha sostituito quella valutaria. L'aumento dei tassi di interesse richiesti sul mercato secondario dei titoli di Stato ne determina un prezzo inferiore rispetto al valore facciale: invece di svalutare la Lira, si riduce il valore corrente del debito rispetto quello di emissione. Un titolo di Stato italiano che è stato comprato con 100 euro può essere venduto a meno, anche a 90 euro.
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