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Contrordine Banchieri!

Svolta a Jackson Hole, dopo 40 anni di monetarismo, una follia che ha distrutto l'America (e l'Italia)


Fin qui stiamo alla chiacchiere, perché il punto cruciale dell'inflazione sta nella stabilità della moneta dal punto di vista dell'investitore: se ha prestato del denaro ad un tasso nominale inferiore all'inflazione, ha perso una quota del suo capitale, un ammontare pari alla differenza tra il tasso di inflazione ed il tasso di interesse. Ci guadagna l'impresa che ha preso a prestito il capitale, perché restituisce del denaro che ha un valore inferiore.

Un tasso di interesse reale negativo, che si verifica quando i tassi di interesse sui prestiti sono inferiori al tasso di inflazione, sposta la ricchezza dalla rendita finanziaria alla produzione ed al consumo. Al contrario, un tasso di interesse reale positivo, che si verifica quando i tassi di interesse sui prestiti sono superiori al tasso di inflazione, è un costo reale ed effettivo a carico di chi ha usato il denaro tra il momento in cui lo ha ricevuto e quello in cui lo restituisce.

Per l'Italia, Paese di tarda e bassa industrializzazione, avere tassi si interesse reali negativi costituiva un fattore che avvantaggiava la produzione a danno della rendita.

Prendendo il debito pubblico, i tassi reali negativi avevano una funzione etica rilevante: chi investiva in titoli di Stato, anonimi, molto spesso era un evasore fiscale. I tassi reali negativi gli toglievano in linea di capitale ciò che non aveva pagato con le imposte sul reddito.

Il repentino aumento dei tassi di interesse in America negli anni Ottanta ha avuto come conseguenza la delocalizzazione delle imprese verso il Messico.

Il repentino aumento dei tassi di interesse in Italia ha portato:
  1. all'esplosione del debito pubblico, per via dei tassi più alti di interesse ed al peggioramento del rapporto debito/PIL per via della contrazione del tasso di inflazione;
  2. all'indebitamento crescente delle imprese di Stato, che pure si allineavano ai nuovi tassi di interesse, ed al fallimento a catena di tutto il sistema produttivo che aveva fatto i piani di investimento prevedendo tassi di interesse più bassi, negativi in termini reali, ed un aumento più rapido dei prezzi a cui avrebbero venduto sul mercato;
  3. allo smantellamento del sistema delle imprese pubbliche per via del divieto di aiuti di Stato alle imprese che fu introdotto nel 1992 con il Trattato di Maastricht.

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