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Punire per Educare

Nella BCE è scontro aperto sul PEPP


Per fronteggiare le conseguenze della crisi, i Paesi dell'Unione europea hanno approvato il Patto per la Stabilità e la Crescita (il famoso "Fiscal Compact") che impone il pareggio di bilancio come regola della politica fiscale, con aggiustamenti strutturali annuali volti ad azzerare il deficit, e l'obiettivo di portare il rapporto debito/PIL al 60% con riduzioni dell'eccedenza al ritmo di 1/20 l'anno.

Il minor costo degli interessi, indotto dalla politica monetaria espansiva della BCE, avrebbe dovuto facilitare il duplice e gravoso compito degli Stati: portare il bilancio in pareggio e ridurre il rapporto debito/PIL. Ci siamo trovati in una situazione paradossale: mentre la BCE cercava in ogni modo di aumentare l'inflazione per portarla vicino al 2% annuo, tutte le politiche fiscali sono state orientate alla deflazione, quella dei salari, innanzitutto. Infatti, ai fini del deficit massimo ammissibile, la Commissione europea calcola il NAWRU (Non Accelerating Wage Rate of Unemployment) cioè il livello di disoccupazione necessario per non avere una crescita inflazionistica dei salari. Ci si basa sulla Curva di Phillips, una teoria economica corroborata dalle osservazioni, da cui emerge una relazione inversa tra disoccupazione ed inflazione: più è alta la disoccupazione e più è bassa l'inflazione; più è bassa la disoccupazione e più è alta l'inflazione.

Fatto sta che negli anni scorsi la crescita reale delle economie europee è stata tanto più bassa quanto più è stata forte la pressione per ridurre il deficit strutturale: in pratica, il maggior onere per gli interessi che l'Italia paga per via del suo enorme debito pubblico si è mangiata la crescita.
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