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Dazi sulla CO2, beffardi e coscienti

Il CBAM finanzia le industrie europee


Diviene così più conveniente cambiare tecnologie produttiva per rientrare nei limiti. A tal fine ci sono gli incentivi pubblici alla transizione, che vengono finanziati anche con i proventi delle aste dei diritti di emissione di CO2. Le normative che disciplinano il PNRR prevedono una intensità di aiuti pari al 75%: in pratica, sommando le diverse tipologie di contributi e sovvenzioni, questa è l'entità di cui si fa carico lo Stato. Per chi riesce ad aggiudicarsi le gare, è davvero una ottima occasione.

C'è un problema, però: aumentando con questi meccanismi di tutela ambientale i costi di produzione industriale nella Unione europea, si crea un divario rispetto ai prezzi all'importazione dai Paesi che non impongono un analogo sistema. Per un verso si determina un incentivo a delocalizzare gli impianti in quei Paesi, per l'altro si importa la maggiore quantità di CO2 “incorporata”.

Per ovviare a questo inconveniente, l'Unione europea ha introdotto il REGOLAMENTO (UE) 2023/956 del 10 maggio 2023 che istituisce un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere: questo meccanismo, denominato CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), è una sorta di dazio che si applica alle importazioni, in modo da compensare il maggior costo che grava sulle produzioni europee.

Il fatto è che non tutti i Paesi sono nelle medesime condizioni di partenza: mentre l'Unione europea ha deciso di arrivare alla neutralità delle emissioni nel 2050, l'India si è proposta come obiettivo il 2070. In pratica, noi ci arriveremmo tra 25 anni e l'India tra mezzo secolo: il che vuol dire che noi imporremmo alle importazioni dall'India un costo superiore, quantificato sui nostri obiettivi.
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