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Gioielli italiani potenziali prede di scalate? La possibilità attualmente è remota

I dati di capitalizzazione delle Blue Chips tricolore fanno temere possibili aggressioni ma i tempi non sono maturi

Finanza
Gioielli italiani potenziali prede di scalate? La possibilità attualmente è remota
(Teleborsa) - Le borse continuano a crollare così come le società a maggior capitalizzazione, in una disfatta senza fine per settori chiave dell'economia - dall'energia alla difesa, dalle banche alle assicurazioni - per alcune partecipate statali e società ad elevato standing, che fanno gola a molti concorrenti stranieri. E tornano in auge così le voci che parlano della possibilità di scalate.



Guardando alle performance delle Blue Chip italiane, emerge che la capitalizzazione di molte società si è pressoché dimezzata in pochissime settimane. E' il caso dell'ENI, oil company italiana controllata dallo Stato, con un peso importante in Medioriente ed un ruolo da protagonista nella transizione energetica. Il suo market value è crollato al di sotto dei 26 miliardi, dopo che le azioni hanno ceduto da inizio anno il 53%. Discorso analogo per Intesa Sanpaolo, prima banca del Paese e facile preda di offerte ostili, in un settore già in fase di consolidamento. Ca' de Sas si comprerebbe oggi con appena 28 miliardi di euro (-41% la performance da inizio anno). E che dire di Generali? Il Leone di Trieste è sempre stato ambito e guardato con un certo interesse dai francesi di AXA e dai tedeschi di Allianz. La sua capitalizzazione è crollata sotto i 20 miliardi di euro, con una perdita da inizio anno del 39%. E poi c'è FCA, che pur operando in un settore attualmente in crisi (automotive), si è unita di recente a PSA per rafforzare la sua posizione nella mobilità del futuro. Le azioni del gioiello della famiglia Agnelli hanno perso oltre il 45% ed oggi l'azienda torinese si acquisterebbe con appena 13 miliardi. E c'è un altro settore chiave per l'Italia, quello della difesa e dello spazio, dove opera Leonardo, acquistabile con poco più di 3 miliardi di euro, dopo che il titolo ha ceduto il 48% da inizio anno. Più al sicuro l'Enel, per la quale ci vorrebbe una disponibilità di almeno 58 miliardi (attuale capitalizzazione), avendo perduto sino ad oggi meno delle connazionali (-22% da inizio anno).

Il problema delle scalate ostili è certamente reale, anche se la possibilità che qualche grande holding straniera possa approfittare del momento appare alquanto remota, considerando che la crisi ha una ampiezza globale e che i competitor europei si trovano oggi in condizioni del tutto analoghe: tanto per citare l'esempio di Generali, AXA ha ceduto circa il 47% da inizio anno e Allianz il 39%. E dal momento che questa crisi potrebbe avere una durata prolungata ed effetti gravi e duraturi sull'economia, è ipotizzabile che l'M&A possa prendersi una pausa più o meno lunga.

Discorso diverso quando sarà avviata la ripresa, perché a quel punto, un disallineamento del trend di recupero dei mercati, potrà eventualmente far emergere la maggior convenienza di talune acquisizioni, mettendo a nudo potenziali prede di scalate ostili.

(Foto: © macgyverhh/123RF)
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