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Chi fermerà l'ascesa dell'Oro?

Dalla pandemia di Covid-19 alle politiche delle banche centrali: ecco i fattori che porteranno il prezioso oltre 2.000 dollari e anche più in alto

Finanza
Chi fermerà l'ascesa dell'Oro?
(Teleborsa) - Si prende una pausa ma non si arresta la corsa dell'Oro che ha guadagnato quest'anno il 27%, ma l'ascesa appare ancora più impressionante se si considera che, in una manciata di mesi, il metallo è passato dai 1.450 dollari circa di marzo ai 2.063 dollari di agosto, nuovo record storico.

Il metallo, dopo aver sfondato la soglia psicologica dei 2.000 dollari, è tornato sui 1.930 dollari l'oncia e continua ad evidenziare una certa volatilità. Ma le previsioni indicano che la soglia psicologica dei 2.000 dollari è ancora alla portata e che il metallo potrà dare ancora qualcosa di più da qui alla fine del 2021.

Effetto della pandemia di Covid-19 e del conseguente lockdown, che ha mandato in crisi l'economia mondiale? Indubbiamente, la pandemia e l'incertezza che ne è seguita ha avuto il suo ruolo nell'ascesa del metallo, ma i suoi movimenti sono da attribuire più ad altri fattori. Vediamo quali:

Effetto propellente delle politiche espansive

L'ascesa dell'oro non è certo da imputare ad un aumento della domanda di oro fisico, che anzi ha registrato un robusto rallentamento dopo la pandemia di Covid-19, sia sotto il profilo industriale che dal lato gioielleria. Ed hanno rallentato soprattutto i maggiori consumatori mondiali, quali Cina ed India.

L'oro beneficia invece della sua natura di "bene rifugio" e di asset "alternativo" per gli investimenti, testimoniato dal boom registrato dagli ETF. E beneficia quindi della debolezza di altri investimenti concorrenti, in particolare il dollaro ed i rendimenti dei Treasury che tendono ad indebolirsi.

Dietro il rally dell'oro ci sono dunque le politiche monetarie accomodanti delle banche centrali e le prospettive di inflazione. Tanto più ora che la Fed ha rivisto le sue strategie, sganciando la politica dei tassi d'interesse dal target di inflazione, o meglio rendendo questo obiettivo flessibile e non perentorio. Lo ha spiegato il Presidente della banca centrale statunitense, Jerome Powell la scorsa settimana, al meeting di Jackson Hole, prospettando dunque tassi basi per un lungo periodo di tempo.

Queste politiche potrebbero spingere l'inflazione oltre il target del 2% - qualcuno prospetta addirittura il 2,5% - facendo crollare i rendimenti reali delle obbligazioni governative ed indebolendo il dollaro. A tutto beneficio dell'oro, che oltre alla natura di bene rifugio rappresenta anche uno strumento a copertura dell'inflazione.

Oltre alla Fed anche la BCE potrebbe decidere per un cambio di strategia - già avviato - e recentemente qualche membro del Board ha anche ammesso che si sta valutando la possibilità di rivedere il target di inflazione.

Una breve fase di incertezza

In questo quadro di inseriscono due fattori di disturbo, che potrebbero condizionare l'andamento dell'Oro nei due sensi: la pandemia di Covid-19 e le Presidenziali USA.

Una seconda ondata pandemica particolarmente dura potrebbe far salire il prezzo del metallo prezioso ancora più su, per gli effetti negativi sull'economia, ma anche le Presidenziali saranno un elemento che condizionerà il metallo, via via che si avvicina il test elettorale a novembre. Ed in questo quadro la volatilità è assicurata.

Le previsioni vedono l'oro a 2.400 dollari

Il ritracciamento dell'oro dell'ultimo periodo è dunque solo una "correzione" grafica, un movimento da attribuire a prese di profitto, specie in coincidenza con la chiusura dei conti di fine mese, ma l'oro è destinato a testare nuovi traguardi oltre la soglia dei 2.000 dollari.

La banca d'affari svizzera UBS vede un prezzo dell'oro oltre questa soglia entro la fine dell'anno, con punte fra 2.200 e 2.300 dollari. Poi, il metallo prezioso tornerà a scendere nel 2021, con una stima di 1.900 dollari entro giugno e 1.850 dollari a settembre.

Previsioni anche più ottimistiche da parte di altri analisti, che addirittura indicano un prezzo target di 2.400 dollari. Lo ha prospettato Ofi Asset Management delineando uno scenario ben più ottimistico per i prossimi 12 mesi, in vista di un'accelerazione dell'inflazione attorno al 2,5% favorita dalle politiche accomodanti delle banche centrali.


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