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Istat, a gennaio vendite ancora giù su effetto caro prezzi

Calo congiunturale dello 0,1% in valore e dello 0,3% in volume

Economia
Istat, a gennaio vendite ancora giù su effetto caro prezzi
(Teleborsa) - A gennaio 2024 per le vendite al dettaglio, si stima, un calo congiunturale dello 0,1% in valore e dello 0,3% in volume. Lo rivela l'Istat segnalando che le vendite su base annua aumentano dell'1% in valore e calano in volume del 2,1%.

Le vendite dei beni alimentari sono stazionarie in valore e registrano una diminuzione dello 0,4% in volume, mentre quelle dei beni non alimentari subiscono una lieve flessione sia in valore (-0,1%) sia in volume (-0,2%). Su base tendenziale, a gennaio 2024, le vendite al dettaglio aumentano dell’1,0% in valore e registrano un calo in volume del 2,1%. Le vendite dei beni alimentari crescono in valore (+2,4%) e diminuiscono in volume (-2,8%); quelle dei beni non alimentari calano sia in valore (-0,2%) sia in volume (-1,6%).

Nel trimestre novembre 2023-gennaio 2024, in termini congiunturali, le vendite al dettaglio aumentano in valore (+0,3%) e calano in volume (-0,1%). Si registrano variazioni di segno analogo sia per le vendite dei beni alimentari (rispettivamente +0,4% in valore e -0,3% in volume) sia per quelle dei beni non alimentari (+0,2% in valore e -0,1% in volume). Per quanto riguarda i beni non alimentari, si registrano variazioni tendenziali eterogenee tra i gruppi di prodotti. L'aumento maggiore riguarda i prodotti di profumeria, cura della persona (+5,8%), mentre registrano il calo più consistente elettrodomestici, radio, tv e registratori (-4,9%).

Rispetto a gennaio 2023, il valore delle vendite al dettaglio è in crescita per la grande distribuzione (+1,4%), per le vendite delle imprese operanti su piccole superfici (+0,5%) e il commercio elettronico (+1,0%), mentre diminuiscono le vendite al di fuori dei negozi (-0,4%).

Per il Codacons, "ancora una volta le vendite registrano un andamento negativo, che si estende a gennaio anche al valore, con una riduzione del -0,1% su dicembre – spiega il presidente Carlo Rienzi – Su base annuale, invece, l’effetto prezzi continua a farsi sentire, con le vendite che crescono in valore del +1% ma scendono in volume del -2,1%, con punte del -2,8% per gli alimentari".

"Tradotto in soldoni, al netto dell’andamento dei prezzi al dettaglio, ciò equivale ad un taglio di spesa pari a -662 euro annui a famiglia, di cui -162 euro solo per il cibo – prosegue Rienzi – Il caro-prezzi che ha imperversato negli ultimi due anni continua a far sentire i suoi effetti sulla spesa degli italiani, portando ad una contrazione dei consumi e ad una modifica nelle abitudini di acquisto dei cittadini, che puntano sempre più al risparmio come attestano i dati in crescita per le vendite nei discount alimentari, +4% su anno".

La diminuzione dello 0,1% rispetto al mese precedente e un aumento dell'1% su base annua, sono definiti "dati pessimi", per Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori. Che prosegue sottolineando che "Comincia l'anno nel peggiore dei modi. Dopo che nel quarto trimestre 2023 i consumi finali nazionali sono già scesi dello 0,9% rispetto al trimestre precedente, prosegue in territorio negativo l'andamento delle vendite al dettaglio con un calo mensile dello 0,1%, flessione che triplica scorporando l'inflazione, arrivando al -0,3%. Ancora peggio il dato degli alimentari, che diminuiscono dello 0,4% in appena un mese, del 2,8% in un anno. Gli italiani continuano, insomma, la loro dieta forzata e a stringere la cinghia, essendo costrette a spendere di più per mangiare di meno".

Secondo lo studio dell'associazione, se si traduce in euro il calo dei volumi consumati su gennaio 2023, le spese alimentari per una famiglia media scendono su base annua di 162 euro a prezzi del 2023, quelle non alimentari di 284 euro, per un totale di 446 euro. Una coppia con 2 figli acquista 225 euro in meno di cibo e 393 euro di beni non alimentari, per una cifra complessiva di 618 euro.

Confesercenti e Confcommercio manifestano preoccupazione per il calo delle vendite al dettaglio, attribuendo la tendenza al ribasso a una combinazione di inflazione persistente e consumo interno debole. "Nonostante il rallentamento degli ultimi mesi dello scorso anno, l'inflazione continua a pesare sui portafogli delle famiglie, che spendono di più per acquistare di meno. Una dinamica evidente anche nelle vendite del commercio al dettaglio, che a gennaio segnano un calo tendenziale del -2.1 in volume", così Confesercenti commenta le rilevazioni diffuse oggi da Istat.

"Dopo un 2023 che aveva chiuso con una caduta verticale delle vendite in volume soprattutto per i piccoli negozi, questo inizio d’anno non si presenta sotto i migliori auspici. Il quadro delle vendite, infatti, desta preoccupazione perché riflette una situazione ancora di forte criticità per la ripartenza dei consumi reali delle famiglie. È fondamentale intervenire con forza per ridare ossigeno ai consumi, spingendo sull’acceleratore nel solco già tracciato dalla riforma fiscale: alleggerire la pressione delle imposte, in particolare sul lavoro, ed intervenire sulla detassazione degli aumenti contrattuali, è la via maestra per far ripartire i consumi e l’economia", conclude Confesercenti.

"La consapevolezza delle buone performance del sistema Italia nell’ultimo triennio non vieta di riconoscere la condizione di fragilità economica che anche i dati sulle vendite al dettaglio di gennaio testimoniano. La riduzione con cui si apre l’anno, sia congiunturale sia tendenziale, consolida una tendenza al ribasso che, considerata l’importanza dei consumi per la crescita economica, non può non destare preoccupazione", è il commento dell’Ufficio Studi di Confcommercio davanti ai dati Istat di oggi sulle vendite al dettaglio di gennaio.

"Nel complesso, prevalgono, infatti, indizi di rallentamento dell’attività economica. Il trade off tra la domanda di beni e di servizi - continua la nota - che aveva garantito per buona parte del 2023 un aumento dei consumi sembra essersi arrestato. Da alcuni mesi le famiglie italiane hanno stabilizzato, o ridotto, i consumi turistici interni. A gennaio le presenze di italiani in Italia si sono contratte del 3,7% rispetto all’analogo mese del 2023, mentre quelle degli stranieri fanno segnare il massimo di sempre (8,2 milioni di notti con +12,6% rispetto a gennaio 2023). Tali differenze indicano la relativa debolezza della domanda interna".

"Il ritorno dell’inflazione su valori molto contenuti (a febbraio il tasso di variazione su base annua è confermato allo 0,8%) non sembra – conclude l’Ufficio Studi Confcommercio - ancora aver prodotto un significativo impatto sulle decisioni d’acquisto delle famiglie che stanno, presumibilmente, ricostituendo le proprie riserve finanziarie. La piccola riduzione dell’occupazione a gennaio può essere un campanello di allarme. Il test sulla fiducia delle famiglie di marzo sarà decisivo: un’eventuale riduzione, dopo quattro mesi di crescita, potrebbe condurre a una lettura negativa, e non più interlocutoria, dei dati congiunturali", conclude la nota.

Carlo Alberto Buttarelli, Presidente di Federdistribuzione, ha dichiarato che "L’Istat conferma con i dati definitivi del mese di febbraio il trend di rallentamento dell’inflazione e del carrello della spesa, in ulteriore frenata al +3,4%, ma la congiuntura economica rimane caratterizzata dalla debolezza dei consumi sia alimentari che non alimentari, confermata dall’andamento insoddisfacente dei saldi invernali. In questo contesto si inseriscono le preoccupazioni causate dalle tensioni geopolitiche in corso, in particolare la crisi del Mar Rosso che sta mettendo sotto pressione il commercio internazionale e alcune catene di approvvigionamento, con ritardi nelle forniture e incrementi dei costi per alcune filiere del comparto non alimentare. Il nostro settore conferma l’impegno nel contrasto all’inflazione ma, per la tenuta economica del Paese, risulta oggi prioritario sostenere con misure specifiche sia la domanda interna sia la crescita e gli investimenti delle imprese”.


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