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Il paradosso di Moore

Economie deboli, borse forti, spread sui massimi.

Dal lato delle borse, d’altra parte, le sorprese delle ultime due settimane sono state anch’esse in prevalenza positive. La crescita globale continua a essere debole, ma il deterioramento dei dati macro sembra essere cessato, il che è in sé un elemento favorevole. Quanto agli utili che stanno uscendo in America, bisogna fare attenzione, perché si riferiscono a un trimestre iniziato bene e finito a crescita zero. Resta però il fatto che banche e tecnologia sembrano essere andate meglio del previsto. La sfida difficile sarà sull’energia e sulla parte della meccanica che da questa dipende.

Dal lato infine delle politiche monetarie i mercati, nell’euforia degli ultimi giorni, hanno festeggiato con troppo anticipo il Qe3 americano, ma nella sostanza non hanno sbagliato. Il Qe3, che era in dubbio ancora nelle scorse settimane, appare ormai certo. La Fed, tuttavia, ha ancora in corso l’operazione Twist (che si concluderà a fine anno) e ha qualche imbarazzo a prendere decisioni forti a ridosso delle elezioni. La nostra impressione è che il Qe3 verrà fatto partire dopo il voto di novembre, ma verrà preannunciato con largo anticipo, probabilmente già a settembre. I mercati sembrano invece sottostimare la portata delle misure in cantiere in Bce, tra le quali un possibile Ltro a cinque anni.

Non tutto, ovviamente, va nel verso giusto. Il fiscal cliff americano di fine anno è ogni giorno più vicino e le possibilità di un accordo prima delle elezioni sono pari a zero. Non è nemmeno così scontato che in dicembre si riesca a produrre un risultato serio. Non va infatti esclusa la possibilità di un mezzo accordo, di un compromesso al ribasso che rinvii tutto di tre-sei mesi. Sarebbe, questo, un brutto segnale. Vorrebbe dire che nemmeno la prossima legislatura riuscirà a trovare una strategia alternativa a quella di aggiungere ogni anno un trilione al debito pubblico americano.

Va poi considerata la siccità che sta colpendo molte produzioni agricole negli Stati Uniti e non solo. L’effetto negativo non è solo sull’inflazione alimentare, un tema su cui i paesi emergenti sono particolarmente sensibili, ma anche sul prezzo del petrolio. Gli Stati Uniti hanno eliminato i sussidi per l’etanolo, ma hanno mantenuto l’obbligo di inserire una quota di etanolo (derivato dal mais) nella benzina. La siccità fa salire il prezzo del mais, quello dell’etanolo e, alla fine, anche quello della benzina.
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