Il libero scambio abbassa i prezzi attraverso la
concorrenza e questo è il suo grande aspetto positivo. Ma quando di produttore ne rimane solo uno, perché è il più bravo e perché tutti gli altri hanno chiuso, questo (la Cina) può mettersi a fare i prezzi che vuole. È quello che rischia di avvenire nella distribuzione con Amazon e Alibaba. Oggi abbassano i prezzi, ma quando saranno rimasti da soli?
Va inoltre detto che
manipolare il cambio produce tutti i giorni gli stessi effetti dei dazi, con la differenza che i dazi si applicano di solito a un numero circoscritto di voci, mentre con il cambio si tocca tutto.
In particolare, la
Germania ha superato l'anno scorso un livello intollerabile di surplus delle partite correnti pari al 9 per cento del PIL e si illude di cavarsela riducendolo al 7 entro l'anno prossimo attraverso la
rivalutazione dell'euro e gli
aumenti salariali che ne stanno riducendo la competitività. Anche al 7 la Germania si attirerà riprovazione e sanzioni quanto meno dall'America. Col 7 di surplus un paese che voglia evitare di passare per molto maleducato deve rivalutare oppure accettare di produrre (non solo assemblare) nei paesi in cui esporta oppure ancora rassegnarsi a subire dei dazi. Anche il più paziente dei liberoscambisti non può continuare a vivere circondato da mercantilisti.
Nel 2018
il Congresso americano non farà più nulla. Impossibile la
riforma sanitaria, politicamente suicida la
riforma del welfare, difficile qualsiasi altra cosa. Alla fine dell'anno il Congresso passerà probabilmente ai democratici. Trump, incapace di stare fermo, cercherà di realizzare qualcosa in politica estera e con un riesame completo degli accordi commerciali internazionali. Di
free trade e
fair trade, quindi, sentiremo ancora parlare molto.
Se i difensori a oltranza del libero scambio suonano a volte ideologici e in conflitto d'interesse, l'America deve stare bene attenta a non superare, nelle sue richieste, la linea del fair trade. Se la supererà farà male in primo luogo a se stessa. Non tanto per le ritorsioni (in una guerra commerciale gli esportatori hanno molto più da perdere degli importatori) quanto per l'impigrimento che il tepore protezionista crea nel tempo ai produttori domestici. È un impigrimento analogo, peraltro, a quello indotto dai cambi e dai tassi troppo bassi che vediamo nel resto del mondo.
Venendo ai mercati,
prosegue la fase di consolidamento e di limbo su tassi, valute e borse. Se l'inflazione, pur salendo, manterrà un passo lento e se gli utili del primo trimestre, come è possibile, usciranno buoni, i bond rimarranno su questi livelli e le borse, terminata questa fase di purgatorio, potranno cautamente riavvicinarsi ai massimi, per il momento senza superarli.
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