Chi ha paura o vuole mettere paura insiste sull'Inflazione con la maiuscola, il mostro che evoca ricordi infausti in chi l'ha vissuta negli anni Settanta e fantasmi ancora più temibili, in quanto misteriosi e mai vissuti, nei più giovani, che l'hanno solo studiata sui libri. Le
politiche fiscali e monetarie ultraespansive, dice chi teorizza la partenza di un lungo ciclo di inflazione, sono qui per restare per tutto il decennio e non si fermeranno se non quando sarà troppo tardi, quando cioè l'inflazione sarà diventata strutturale.
Chi vuole invece tranquillizzare sottolinea che sì, d'accordo, c'è l'inflazione del petrolio, quella del legname e del rame, quella degli alimentari, quella dei semiconduttori ormai introvabili per le automobili, quella di una bella parte degli asset finanziari, quella delle case (14 per cento in America), quella dell'acciaio, quella delle retribuzioni minime orarie a 15 dollari e si potrebbe continuare a lungo. Tuttavia 1) il resto è tranquillo 2) le singole inflazioni sono circoscritte e 3) sono probabilmente temporanee 4) non c'è l'inflazione più temibile, quella salariale, perché la curva di Phillips è morta 5) non c'è quindi nessuna inflazione strutturale e in più 6) se anche ci fosse sarebbe benvenuta perché ci aiuta a smaltire i debiti, in particolare quelli pubblici che si sono gonfiati durante la pandemia e 7) l'inflazione disturba la borsa solo se fa salire i tassi, ma questa volta le banche centrali faranno controllo di curva e non lasceranno salire il Treasury decennale sopra il 2 per cento.
Tra i nominalisti (quelli che si oppongono all'idea di Inflazione con la maiuscola) è schierato Powell, sia per convinzione (è stato il primo banchiere centrale a mandare in soffitta la curva di Phillips) sia, forse, per non essere sostituito l'anno prossimo alla testa della Fed da un'
ultracolomba, come potrebbe essere la
Brainard. La disoccupazione, sottolinea la Brainard, non è al 6.4 per cento come ci dice l'Employment Report, ma intorno al 10 se teniamo conto dei milioni di persone che hanno lasciato la forza lavoro (che hanno cioè rinunciato a cercare un impiego), in particolare le donne che hanno deciso di rimanere a casa a seguire i figli piccoli o in età scolare che si trovano asili e scuole chiusi. Con un 10 per cento di disoccupazione effettiva, continua la Brainard, è ben difficile che l'inflazione salariale salga seriamente per ancora molto tempo. Se l'inflazione salariale appare oggi alta è solo perché la riduzione degli occupati si è concentrata in questi mesi nella parte meno pagata della forza lavoro.
Di fronte a queste visioni così contrastanti chi investe deve restare pragmatico e aperto e ricordare alcuni punti.
Il primo è che
anche una fiammata temporanea di inflazione può fare dei danni, dai quali alcuni asset, tipicamente quelli reali, si difendono meglio di altri, come le obbligazioni a tasso fisso.
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