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Mutazione genetica

L'ISTAT ci dà un dato sconcertante, 6 milioni di italiani sono senza lavoro.

In questi giorni è stato reso noto, dall'ISTAT, un dato sconcertante: 6 milioni di italiani sono senza lavoro. 3 milioni di questi sono disoccupati in senso stretto, ma cosa ancora più preoccupante dal punto di vista psicologico e collettivo, è che poco meno di 3 milioni sono, per così dire, "inattivi", cioè persone che il lavoro non lo cercano più, perché pensano di non trovarlo.

Questi dati nefasti sintetizzano bene il problema della disoccupazione e rendono altrettanto chiaramente il senso della "bomba sociale" su cui l'Italia è seduta. Una polveriera pronta ad esplodere, perché 6 milioni di disoccupati, di quasi disperati, non riescono a portare una busta paga a casa, ogni fine mese.

Della disoccupazione al 12,5% tutti adesso ne parlano, e questo è già un bel risultato; ma finalmente si è anche giunti alla piena consapevolezza che la priorità è il lavoro; forse addirittura più importante del chiedersi se la crisi che attanaglia l'economia italiana abbia raggiunto il suo punto più basso e se le cause che l'hanno generata siano state rimosse.

Proprio da questa evidente consapevolezza bisogna pensare le politiche più adeguate a generare occupazione, perché il lavoro possa tradursi in un'occasione di realizzazione, di slancio personale e professionale, di arricchimento del singolo e della sua comunità.

I dati diffusi dall'ISTAT, sono un campanello d'allarme e un richiamo alla responsabilità della politica, dal momento che il tempo passa ed ogni ritardo o rinvio non fanno altro che lasciare un segno profondo sulla pelle delle persone. Abbiamo bisogno di stabilità, affinché l'interesse sul debito non faccia disperdere le poche risorse a disposizione e dare, al tempo stesso, risposte immediate che i ceti meno abbienti, maggiormente colpiti da questa situazione, attendono da tempo.

Viene logico pensare che ciascuno ha ciò che si merita, ma gli italiani stanno pagando un prezzo troppo alto per aver sostenuto nel tempo una generazione politica che negli ultimi 25 anni ha sempre pensato al breve periodo, alla risoluzione dei problemi nell'immediato, senza ragionare in prospettiva e con una cronica incapacità di disegnare un futuro verso il quale tendere. Insomma, la nostra classe politica non è stata per nulla "visionaria".

Siamo sempre qui a parlare di occasioni perdute e di soluzioni perdenti, preoccupati per il clima di sfiducia e disistima che attraversa il paese e pone interrogativi di non poco conto a chi, comunque, è chiamato a dare risposte.

Allora, di fronte a questa condizione di forte tensione sociale, sarebbe opportuno che la politica si rifondi e proponga una sorta di mutazione genetica; che non continui a teorizzare idee risolutive, che si spenda, finalmente, per riformare strutturalmente il mercato del lavoro. Che tragga da ogni criticità la motivazione per un grande impegno, affinché mutino in maniera vera ed incisiva le condizioni negative in cui si sviluppa questo malessere. In altri termini, si operi in tempi rapidi, ma che il lavoro sia emergenza di tutti; diventi per tutti non soltanto un problema da denunciare, ma una fonte di comune impegno, la risorsa di un paese moderno.

P.S.
Il pensiero va a tutti quegli italiani che sono alla ricerca di un lavoro, con l'augurio di non mollare la presa; di non scoraggiarsi per le sconfitte e nonostante la non florida situazione, per quanto possibile, di guardare avanti con ottimismo.

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