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Boom o crash?

Borse ai massimi, ma salari e rendite ai minimi: il capitalismo globale alla prova finale

Aggiungiamo a tutto questo l'allungamento della vita media in Occidente e la crescita demografica tumultuosa in tutto il Terzo mondo. Solo la Cina e l'India si sono stabilizzate.

Il denaro pompato dalle banche centrali va verso le Borse, che stanno battendo un record dopo l'altro. Per evitare nuove instabilità nel mondo bancario, i regolatori hanno posto regole molto severe sul rapporto tra capitale ed impieghi: mentre una nuova bolla del debito privato viene evitata, i debiti pubblici sono messi sotto controllo con drastiche misure di risanamento fiscale.

Curioso, quindi, che gli indici delle Borse riescano a guadagnare anche un punto percentuale a seduta, mentre i rendimenti annui di numerosi titoli di Stato europei a breve stiano spesso sotto lo zero. Il credito ristagna, il PIL pure, l'occupazione maschera enormi sacche di povertà, la tassazione serve a redistribuire il reddito anziché contribuire ad aumentare gli investimenti a lungo termine.

Il capitalismo risolve, male, il problema della efficienza della produzione, ma non è in grado di affrontare i problemi della distribuzione, intra ed intergenerazionale.

La via della tassazione non è sostenibile: aliquote alte vengono considerate una spoliazione inaccettabile, ma la coesione sociale rende indispensabile attribuire un reddito minimo, di sopravvivenza. Siamo stretti tra la competizione internazionale del lavoro, che porta via l'occupazione manifatturiera tradizionale, e l'innovazione tecnologica che nei Paesi avanzati spoglia di lavoratori il settore dei servizi.

La moneta delle Banche centrali sta andando solo verso gli asset finanzari, mentre gli investimenti nell'economia reale continuano a rallentare. Si chiudono i cementifici, gli impianti siderurgici, le fabbriche di elettrodomestici e le manifatture di abiti per eccesso di offerta. Le case costruite rimangono invendute per carenza di domanda: non ci sono redditi sufficienti per poterle acquistare, neppure indebitandosi. I debitori, che non riescono a pagare le rate dei mutui, vengono spossessati e messi in mezzo ad una strada.

Stiamo creando povertà, distruggendo ricchezza, sperando che si ristabilisca finalmente un nuovo equilibrio ad un livello di salari più basso.

C'è chi ritiene che le crisi del mercato possano essere sanate creando ancora più mercato, perché solo così ci potrà essere un nuovo boom. C'è chi teme che sia assurdo cercare di curare una malattia aggravandone le cause, perché inevitabilmente si va incontro ad un altro crash, un'altra crisi.

Questo accade quando è la scienza e non la morale a dettare le regole del comportamento umano, quando l'invarianza della legge naturale si trasforma nella infallibilità della legge economica. L'economia di mercato ha prosperato nell'ambito delle istituzioni e delle politiche adottate per superare la crisi del '29: le riteneva però ostacoli al suo pieno dispiegarsi, anziché argini ai suoi difetti. Finora, c'è stato un crash dopo ogni boom, ma crisi sempre più profonde e ravvicinate e periodi di crescita sempre più brevi, alimentate dalla inflazione dei valori degli asset e dei debiti. Un nuovo crash non ce lo possiamo permettere, con i debiti degli Stati ormai ai limiti della sostenibilità ed i bilanci delle Banche centrali già pieni di titoli di ogni genere. Ad un nuovo boom credono in pochi, ma sono ancora meno coloro che si augurano un altro crash: in un senso o nell'altro, il capitalismo globale è ad una svolta.

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