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Più muri per tutti

La globalizzazione divide le nazioni al loro interno e sgretola i vecchi partiti

Quella tedesca è dunque una situazione altamente instabile, minacciata sia dalla Brexit, sia dalla richiesta americana di riequilibrare i conti: nel 2016, l'attivo tedesco è stato di ben 50 miliardi di euro verso l'America, di 49 miliardi verso la Gran Bretagna, di 35 miliardi verso la Francia. L'occupazione tedesca si fonda su un saldo dell'export che anche questi tre grandi Paesi non si possono più permettere. Per raggiungere questo risultato, la società tedesca è stata divisa in due tronconi non comunicanti: da una parte c'è la cosiddetta aristocrazia operaia, quella dei metalmeccanici rappresentati dalla AGMetal, e dall'altra ci sono gli oltre 7 milioni di lavoratori precari, quelli dei minijob, che lavorano a giornata, facendo le pulizie nei supermercati, nelle stazioni di servizio, nei ristoranti come sguatteri. Una vita senza futuro, con la casa messa a disposizione dal Comune.

In Germania non c'è più il vecchio Muro di Berlino, quello che fino al 1989 separava non solo simbolicamente l'Est capitalista dall'Ovest comunista, ma un nuovo Muro civile e sociale: i lavoratori tutelati e benestanti sono sempre di meno; quelli precari ed i poveri, sono sempre più numerosi. La destabilizzazione politica, con la immigrazione incontrollata, è stata devastante.

Anche negli Usa, la situazione sociale è assai critica: dopo otto anni di Presidenza Obama, l'elettorato non si è lasciato convincere da Hillary Clinton, che pure aveva il sostegno di tutto l'establishment. Lo scontento era ampio e diffuso: la ripresa dopo la crisi ha portato ad una polarizzazione del lavoro, con pochi lavori ben retribuiti e molti a salario ed orario ridotti.

La elezione di Donald Trump alla Presidenza è avvenuta, già un anno fa, sull'onda degli slogan che inneggiano alla produzione interna ed al riequilibrio sull'estero: "Buy American, Hire American". La riforma fiscale, già approvata dalla Camera dei Rappresentanti ed in corso di esame da parte del Senato, prevede un forte taglio alle imposte sugli utili delle imprese americane, ed un incentivo al rimpatrio delle migliaia di miliardi accumulati dalla multinazionali nei paradisi fiscali. L'America non può più accrescere il suo debito verso l'estero di una somma vicina ai mille miliardi di dollari l'anno.

Per pochi americani che si sono arricchiti lavorando nelle grandi multinazionali dell'informatica e delle nuove tecnologie, la cosiddetta New Economy, molti altri sono rimasti senza lavoro, visto che la manifattura è stata delocalizzata, sin dagli anni Ottanta, dal Messico al sud est asiatico. Se la Old Economy non ritorna, c'è ben poco da fare: questa è la scommessa di Trump.

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