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Sfide Africane

A mani vuote: l'Occidente, senza nessuna strategia, ora mendica il gas

Non suscita grande attenzione l'Africa, l'ultimo continente ad essere stato conquistato dagli Europei, se si eccettuano le sue coste che furono usate per secoli, come basi dei traffici commerciali per la circumnavigazione verso l'India, fino alla apertura del Canale di Suez.

Le infinite ricchezze minerarie dell'Africa sono passate dallo sfruttamento coloniale a quello delle multinazionali occidentali, sulla base dell'orrido scambio "Aid for Trade": gli aiuti occidentali allo sviluppo sono concessi in cambio della apertura commerciale, laddove alla esportazione di materie prime da parte africana corrisponde l'importazione di manufatti e servizi. Uno scambio ineguale perché i prezzi, che vengono determinati sulla base del valore aggiunto nella trasformazione produttiva, penalizzano le prime rispetto ai secondi.

Se la mancata industrializzazione rappresenta per l'Africa un pesante giogo economico, i conflitti etnici e tribali sono stati ampiamente strumentalizzati dall'Occidente vendendo armi alle varie fazioni: dilaniandosi per decenni tra di loro, gli Africani hanno reso più semplice il duplice sfruttamento che subiscono da parte delle loro élite corrotte e del commercio internazionale.

L'irrefrenabile dilagare del Jihadismo è stato il frutto dell'abbandono delle aree meno interessanti per l'Occidente dal punto di vista economico e del modello comunitario, assistenziale su base religiosa, che viene proposto come unica alternativa possibile alla disgregazione sociale. Il contrasto sul piano militare da parte degli Occidentali, guidati sovente dalla Francia ex Potenza coloniale nell'area centro-africana e nella fascia sub-sahariana, non ha avuto nessun successo: è incolmabile la distanza linguistica e culturale che separa i militari inviati per combattere gli estremisti jihadisti dalla popolazione locale. Le missioni contro il terrorismo sono percepite, sempre di più, come truppe di occupazione.


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