Sarebbe il caso di fare un bilancio del Big Bang bancario, dalla abrogazione del Glass-Steagall Act americano alla abrogazione in Italia della normativa del 1936-38 che distingueva tra Aziende di credito che potevano erogare solo credito a tre anni ed Istituti di credito che potevano erogare prestiti di medio e lungo termine alle industrie, oltre che acquisire partecipazioni azionarie.
Ed era nettamente diversa la acquisizione dei fondi da impiegare:
nel primo caso si trattava dei depositi di conto corrente, con rimborso a vista o a tempo,
nel secondo caso si trattava della sottoscrizione di obbligazioni rimborsate a distanza di tempo, dai cinque ai dieci anni.
In entrambi i casi, per le Aziende e per gli Istituti, la funzione essenziale era fondamentalmente quella della riduzione del rischio: tra i tanti impieghi, a breve, ovvero a medio e lungo termine, o per partecipazioni azionarie,
la Banca operava una compensazione nel proprio bilancio tra operazioni andate a buon fine ed altre in perdita sgravando il depositante ovvero il sottoscrittore. E' lo stesso quando si investe in Borsa: si possono acquistare le azioni o le obbligazioni di una impresa quotata, e dunque il rischio delle perdite ricade sull'investitore; diversamente, si possono acquistare quote di un Fondo di investimenti, ed è all'interno del suo bilancio che si compensano eventuali perdite. La unica vera, ma fondamentale
differenza tra il deposito in Banca e l'investimento in un Fondo sta nella garanzia che viene apprestata normativamente a chi deposita i propri fondi in Banca: fino a 100 mila euro, sono coperti da un sistema interbancario di tutela. Naturalmente c'è una differenza dal punto di vista della gestione: le Banche sono soggette ad una Vigilanza prudenziale, devono avere parametri stringenti sul capitale e sugli impieghi immediatamente liquidabili, e devono osservare criteri stringenti per accantonare fondi a fronte di potenziali perdite.
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