(Teleborsa) -
Il prezzo dell'oro resta vicinissimo ai 1.800 dollari l'oncia, massimo degli ultimi 7 anni, praticamente dai livelli segnati al termine della lunga crisi finanziaria iniziata nel 2008 in USA e propagatasi in Europa. Ma soprattutto il prezzo dell'oro è
nel bel mezzo di un lungo rally iniziato la scorsa primavera ed
accentuatosi dai primi mesi del 2020, con lo scoppio dell'
epidemia di coronavirus prima in Cina e poi in Europa e nel resto del mondo. Da inizio anno il prezzo del
gold è cresciuto del 13%.
Una performance che, se da un lato, risponde alla sua
natura di bene rifugio (safe heaven), tipica di fasi di grande
incertezza come questa, dall'altro lato è effetto delle
politiche delle banche centrali. Più queste sono espansive, più si genera inflazione "futura" e l'oro è anche uno
strumento di copertura dalla crescita
dell'inflazione.
Ecco allora, che le
iniezioni di liquidità, i generosissimi
Piani di Quantitative Easing, i tagli dei
tassi d'interesse operati da Fed, Bank of England, BCE, People bank of China e tutte le altre banche centrali hanno avuto un
effetto propulsivo sull'oro, che stamattina scambia a 1.750 dollari l'oncia, dopo aver toccato ieri un massimo di 1.785 USD/Oncia.
Un trend che ha spinto anche
UBS ad
alzare le sue stime sul prezzo dell'oro a 1.800 dollari nell'arco di 12 mesi, rispetto ai 1.700 precedentemente indicati per fine settembre e 1.650 dollari stimati per marzo 2021. Una review che fa perno proprio sulle poklitiche delle banche centrali, sulle aspettative per i tassi d'interesse e sulle prospettive d'inflazione.