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Venture capital, nel post Covid focus su healthcare, energia e farmaceutico

Finanza
Venture capital, nel post Covid focus su healthcare, energia e farmaceutico
(Teleborsa) - Un fondo di private equity su due (52%) ha cambiato le proprie strategie di investimento dopo il Covid, anche solo moderatamente. La percentuale risulta ben più bassa per i fondi europei (che non hanno modificato nulla nel 57% dei casi) e ancor di più (61,5%) per quelli italiani, probabilmente in ragione del fatto che tendono maggiormente a investire cross-border, cioè non nel paese di appartenenza (il 90,2% di chi fa investimenti cross-border - in Italia l'83,5% - non li ha ridotti a favore di interventi domestici).

Sono alcuni dati emersi dal Report sul Venture Capital e il Covid19 che è stato presentato questa mattina al Politecnico di Milano durante il lancio del Bureau of Entrepreneurial Finance (BEF), un centro permanente voluto dalla School of Management del Politecnico di Milano e dal Politecnico di Torino - co-fondato dai professori Massimo Colombo, Annalisa Croce, Elisa Ughetto e Vincenzo Butticè - che vuole mettere a confronto e in rete gli studiosi e i player più accreditati a livello europeo sul tema della finanza imprenditoriale.

Dallo studio emerge anche la diminuzione del numero di investimenti in seed stage, e più in generale nelle fasi iniziali del ciclo di vita della startup, a favore di momenti di sviluppo più maturi (si va dal +1,2% dell'early e late stage al +4,4% nel mid stage), tendenza maggiormente evidente nei fondi più piccoli. Questo cambiamento può essere letto come una strategia per abbassare il livello di rischio.

I settori che hanno visto aumentare gli investimenti sono la cura della salute (+2,4%), l'energia e l'ambiente, il farmaceutico e i servizi finanziari (tutti a +1%), la formazione e i semiconduttori (+0,6), mentre risultano in calo i servizi digitali (-1,4%), inclusi quelli legati a internet e mobile (-1%), e la distribuzione commerciale (-1,6%).

I fondi hanno anche ridotto le proprie aspettative sui ritorni attesi (IRR) e sono diventati più severi, in termini di multiplo richiesto, nel valutare le startup. In sostanza, si assumono un rischio inferiore a fronte di un ritorno atteso più basso (-1.3% in media): la fascia maggioritaria, pur in calo di due punti percentuali, rimane con un target IRR tra il 20 e il 29%, ma non manca, ed è in leggerissima crescita, chi si aspetta un guadagno tra il 40 e il 50%.

Anche la valutazione delle startup già presenti in portafoglio ha subìto una rimodulazione: nel 40% dei casi si è ridotta (nel 9% anche in maniera significativa) poiché, nello scenario mutato, ci si attende una diminuzione del valore al momento dell'uscita del fondo.

(Foto: by Samson Creative on Unsplash)
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