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Pensioni, Itinerari Previdenziali: "Superbonus per chi lavora fino a 71 anni"

Nella proposta la posticipazione dei requisiti di pensionamento. Brambilla: "Necessario serio cambio di rotta da parte del Paese"

Economia, Welfare
Pensioni, Itinerari Previdenziali: "Superbonus per chi lavora fino a 71 anni"
(Teleborsa) - Nel 2022 l'Italia ha complessivamente destinato a pensioni, sanità e assistenza 559,513 miliardi di euro con un incremento del 6,2% rispetto all'anno precedente (32,656 miliardi). La spesa per prestazione sociali ha assorbito oltre la metà di quella pubblica totale (il 51,65%). Rispetto al 2012, e dunque nell'arco di un decennio, la spesa per welfare è aumentata di ben 127,5 miliardi strutturali (+29,4%). Aumento ascrivibile soprattutto agli oneri assistenziali a carico della fiscalità generale, cresciuti del 126,3% a fronte dei soli 37 miliardi della spesa previdenziale (+17%) e del 18% del Pil. È quanto rileva l'undicesimo rapporto del centro studi e ricerche di Itinerari Previdenziali, sottolineando che si tratta di un quadro che richiama nuovamente l'attenzione sulla necessità di separare previdenza e assistenza.

Nel 2022 il costo delle attività assistenziali a carico della fiscalità generale è ammontato a 157 miliardi con un aumento di 12 mld rispetto ai 144,2 del 2021. Nel complesso, la spesa pensionistica di natura previdenziale comprensiva delle prestazioni Ivs (invalidità, vecchiaia e superstiti) è stata nel 2022 pari a 247,588 miliardi, per un'incidenza sul Pil del 12,97% in calo rispetto al 13,42% dell'anno precedente. "Un esercizio di calcolo – ha commentato Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali –tutt'altro che sterile se si considera che la corretta determinazione di questi dati è fondamentale per evitare che eccessive sovrastime convincano l'Europa a imporre tagli alle pensioni che, come evidenziano questi numeri, presentano invece una spesa tutto sommato sotto controllo. Non sembra rispecchiare le reali condizioni socio-economiche del Paese un dato che vede il nostro istituto di previdenza erogare quasi in egual misura prestazioni previdenziali e trattamenti di natura assistenziale (il 46% del totale) che gravano del tutto sulla fiscalità generale senza neppure essere soggetti a tassazione".

Secondo Brambilla il sistema pensionistico è "sostenibile" e "lo sarà anche tra 10-15 anni, nel 2035-40, quando la maggior parte dei baby boomer nati dal Dopoguerra al 1980 saranno in pensione". Ma "perché si mantenga questo sottile equilibrio – ha sottolineato Brambilla – sarà indispensabile intervenire in maniera stabile e duratura, tenendo conto di alcuni principi fondamentali: le età di pensionamento, attualmente tra le più basse d'Europa (circa 63 anni l'età effettiva di uscita dal lavoro in Italia nonostante un'aspettativa di vita tra le più elevate a livello mondiale), e che dovranno dunque gradualmente aumentare evitando il ricorso a eccessive anticipazioni; l'invecchiamento attivo dei lavoratori, attraverso misure volte a favorire un'adeguata permanenza sul lavoro delle fasce più senior della popolazione; le politiche attive del lavoro, da realizzare di pari passo con un'intensificazione della formazione professionale, anche on the job; la prevenzione, intesa in senso più ampio come capacità di progettare una vecchiaia in buona salute".

Il presidente di Itinerari Previdenziali sollecita un serio cambio di rotta da parte del Paese, che al momento naviga a vista senza una bussola, dinanzi alla più grande transizione demografica di tutti i tempi, con grande parte della spesa pubblica indirizzata verso sussidi e assistenzialismo (frenando le possibilità di crescita), quando invece, anche alla luce di un debito pubblico che a breve potrebbe sfondare la soglia dei 3mila miliardi di euro, la priorità sembrerebbe essere una seria revisione dei propri modelli produttivi e del proprio mercato del lavoro.

La maggior parte dei nati nel boom economico dal 1946 al 1956 sono ormai tutti in pensione di anzianità o vecchiaia; una buona parte dei nati fino al 1961 – evidenzia il rapporto – sono anch'essi in quiescenza con le varie anticipazioni, tra le quali i 42 e 10 mesi bloccati fino al 2026 o al 2024. Sarà quindi necessaria – sottolinea Itinerari Previdenziali – un'accorta politica nella definizione dei requisiti pensionistici per gestire la seconda ondata dei baby boomers, quelli nati dal 1962 al 1980 (ben 19 coorti molto numerose con pochi che hanno già raggiunto la pensione) che hanno carriere sufficientemente complete e redditi medi.

Le misure previste per il 2024 sono accettabili. I pensionati totalmente retributivi sono circa 6,5 milioni (pari a oltre 9 milioni di prestazioni in pagamento) con un'età media di 80,6 anni che in parte potranno bilanciare la seconda ondata dei baby boomers nei prossimi 15/19 anni, quando si pensioneranno i nati dal 1962 al 1980; successivamente il tasso di pensionamento si ridurrà sia per le minore platee coinvolte dovute al calo delle natalità, sia perché le carriere lavorative non saranno più continue come per i nati fino al 1966 circa ma avranno interruzioni per formazione continua o altre motivazioni. Fondamentale sarà quindi l'operato dei Governi sui fronti dei requisiti pensionistici, della lotta all'evasione fiscale e contributiva e della spesa assistenziale.

Secondo l'analisi di Itinerari Previdenziali se i Governi proseguiranno con l'attuale tendenza – sussidi alle cosiddette "fasce deboli" che però rappresentano oltre il 60% della popolazione mantenendo o aumentando la abnorme spesa assistenziale basata sull'ISEE che è il motore del sommerso e del basso tasso di occupazione; flat tax che oltre a produrre sommerso ridurrà ancora il gettito fiscale e manterrà i profili di incostituzionalità perché rivolta ai soli lavoratori autonomi; riduzione del cuneo contributivo per oltre il 70% dei lavoratori e manterranno le anticipazioni pensionistiche Quota103, APE, precoci con Quota 41, Opzione donna e lavori gravosi, prorogando il mancato adeguamento dell'età di vecchiaia all'aspettativa di vita – il rapporto tra attivi e pensionati negli anni del pensionamento dei baby boomers si deteriorerà e aumenterà il numero dei pensionati e il periodo di fruizione delle prestazioni. Tutto ciò aumenterà il rapporto spesa PIL per le pensioni e anche la spesa per le prestazioni assistenziali che costa già oggi 157 miliardi sul bilancio INPS e 13 miliardi per gli interventi assistenziali degli Enti locali (in totale 8,9% del PIL 2022). "Resterebbe così molto poco da fare ai Governi se – spiega Itinerari Previdenziali – non andare a "prelevare" i soldi dove ci sono applicando una dura patrimoniale che diverrebbe la pietra tombale per l'Italia.

Per evitare questo spettro
il Governo dovrebbe cambiare totalmente "registro". La proposta di Itinerari Previdenziali: 1) Creazione di una banca dati sull'assistenza che permetterebbe di sapere chi sono e da quanto tempo questi soggetti beneficiano di prestazioni, bonus e agevolazioni; si potrebbero risparmiare non meno di 15 miliardi l'anno. 2) Convocare tutti gli over 35 che non hanno mai fatto una dichiarazione dei redditi per chiedere loro di cosa vivono; scopriremmo la gran parte dell'evasione fiscale e un pezzo consistente di malavita organizzata. 3) Introduzione del contrasto di interessi tra le 25,5 milioni di famiglie e i circa 7,5 milioni di fornitori diretti che consentirebbe di azzerare il TIR, la decontribuzione e parte dell'AUUF con un risparmio di molti di questi 33 miliardi. 4) Revisione totale dell'ISEE che incentiva il lavoro in nero e il sommerso. 5) In vista del pesante invecchiamento della popolazione occorre posticipare i requisiti di pensionamento applicando i due stabilizzatori automatici della spesa per pensioni: l'adeguamento dei requisiti di età anagrafica e i coefficienti di trasformazione all'aspettativa di vita, il che significa allineare l'età di vecchiaia dai 67 anni attuali alla crescita dell'aspettativa di vita degli ultimi tre anni a partire dal gennaio 2025; consentire dal gennaio 2027 il pensionamento anticipato con 42 anni e 10 mesi (un anno in meno per le donne) ma solo con un massimo di 3 o 4 anni figurativi (escludendo quelli di maternità e di contribuzione volontaria); infine consentire le anticipazioni tipo APE o precoci ma solo con 64 anni, adeguati all'aspettativa di vita, e 38 anni di contribuzione. 6) Reintroduzione del cosiddetto "superbonus" per chi volontariamente desidera lavorare fino ai 71 anni, consentendo di fruire del 33% di contributi al netto delle imposte in busta paga per tre anni. 7) Eliminare la diseducativa e
ipercostosa decontribuzione, compresa quella al Sud che non ha mai funzionato, sostituendola con crediti d'imposta, welfare aziendale e aumenti dell'articolo 51 del Tuir. Inoltre, dovrebbe essere introdotta un'aliquota contributiva obbligatoria per tutti pari a circa 100 euro l'anno per l'assicurazione per la non autosufficienza nonché un contributo obbligatorio sanitario anche sottoforma di ticket. "Tutte manovre impopolari per una politica che da 20 anni è alla caccia spasmodica di un consenso sempre più "liquido" e temporaneo, ma le uniche – conclude il rapporto – che possono rendere il nostro mostruoso debito pubblico sostenibile".
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