Le vicende italiane, negli ultimi giorni, hanno prodotto ondate di paura ingiustificata. A leggere bene le posizioni delle forze politiche, incluse quelle considerate inclini al populismo, ciò che viene chiesto da tutti (con la sola eccezione di Monti) è la possibilità di rinegoziare con la Germania i tempi e i modi dell’austerità, non l’uscita dall’euro. A ben guardare, la campagna elettorale di Hollande si era mossa su un terreno simile. Per non parlare della Grecia, che ha infatti rinegoziato in grande stile la sua politica fiscale.
La Germania da una parte e Italia e Spagna dall’altra sono del resto condannate a venirsi incontro. Il problema, semmai, continuerà a essere la qualità, non la quantità, delle misure di austerità. Aumentare le tasse non è lo stesso che tagliare le spese, come non è lo stesso dimagrire perdendo grasso o perdendo muscoli. Il Regno Unito, che ha soprattutto tagliato le spese, non cresce, è vero, ma la sua occupazione privata è aumentata in questi anni in misura rilevante, mentre è scesa in Spagna e scenderà presto in Italia.
Operativamente, bisognerà fare attenzione al fiscal cliff. I mercati, nella loro spensieratezza natalizia, hanno deciso di non preoccuparsene. Bernanke, in conferenza stampa, ha notato però che le borse si comportano spesso in questo modo di fronte a uno scontro politico, salvo poi spaventarsi improvvisamente quando le cose cominciano ad andare troppo per le lunghe. A mercati spaventati (e solo allora) i politici trovano rapidamente un accordo.
Può darsi che quest’anno la fase di paura sia così breve da essere quasi impercettibile per chi si trova in vacanza sulle piste da sci o in qualche mare caldo. A costoro consigliamo di non spaventarsi più di tanto a condizione di non avere posizioni a leva.
Il primo trimestre del 2013 sarà verosimilmente di stagnazione in Europa e di crescita debole. Il peso delle banche centrali, sempre più aggressive, e la stagionalità positiva (gennaio e febbraio sono generalmente mesi molto buoni) dovrebbero tuttavia indurre ad approfittare di debolezze per comperare azioni e bond a spread (tra cui i governativi lunghi italiani). Il posizionamento del mercato, che da un mese ha ripreso a caricarsi di titoli, non è più particolarmente favorevole, ma non è ancora diventato un fattore negativo.
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