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Alieni

La strana sorte di r* e di u*


È stato giusto spaventarsi in ottobre? No, sia per la Fed sia per i mercati. È giusto oggi tornare indietro e ammettere in sostanza che ci si era sbagliati? Sì, è giusto. Sbagliare è umano e capire di avere sbagliato correggendo l'errore è segno di maturità. Tutto ha un prezzo però, e il prezzo dell'errore, oltre al ribasso che ha rovinato la fine del 2018 a molti investitori, è nel fatto che, avendo già gridato al lupo una volta, la Fed sarà timida ed esitante quando il lupo si presenterà sul serio, quando cioè i segni di surriscaldamento di questo lungo ciclo si faranno davvero preoccupanti.

Fino ad allora, tuttavia, sarà luce verde. I mercati, vedendo la Fed particolarmente morbida, hanno pensato che ci dovesse essere sotto qualcosa, ovvero dati economici negativi noti solo alle banche centrali. In realtà i dati sono gli stessi per tutti e la Fed vede quello che possono vedere anche i mercati, ovvero un'America con una crescita discreta e un resto del mondo decisamente poco brillante ma in via di recupero. Niente di trionfale, ma nemmeno niente di tragico.

In realtà a rendere volatile e confusa la reazione alle decisioni della Fed è stato l'irrompere improvviso sulla scena della possibilità di Brexit dura già a partire dalla settimana prossima. I protagonisti (la May, l'Europa, gli irlandesi, i laboristi e i conservatori entrambi divisi al loro interno) sembrano in effetti avanzare come sonnambuli verso il precipizio della Brexit senza accordo. Di solito la politica ha fantasia e risorse per trovare vie d'uscita all'ultimo minuto, ma è giusto, per i mercati, prezzare un certo rischio.

Quanto è grande questo rischio? In caso di Brexit dura (ripetiamo, ancora improbabile) il Regno Unito pagherebbe un prezzo alto, ma non così alto come si dice, mentre l'Europa pagherebbe un prezzo più contenuto, ma non così basso come si dice. La sterlina infatti si svaluterebbe istantaneamente, proteggendo la competitività britannica e la borsa di Londra, sulla quale gli esportatori salirebbero di valore. In Europa sarebbe danneggiata particolarmente, tanto per cambiare, l'industria dell'auto tedesca, che esporta molto nel Regno Unito.

Chi ha sterline o case a Londra potrebbe ragionare così. Se la Brexit dura ha, per dire, un terzo di probabilità di realizzarsi, si può convertire in euro un terzo delle sterline, tenere un terzo in sterline cash e con il rimanente terzo comprare titoli di società esportatrici sulla borsa di Londra.

Per tutti gli altri, dicevamo, la luce è verde, non solo per le azioni ma anche per i bond. Intendiamoci, non ci sono grandi potenzialità di rialzo, ma c'è una solidità di fondo garantita dalle banche centrali almeno per il resto di quest'anno che permetterà esplorazioni in aree meno battute, come ad esempio i mercati emergenti. Come copertura di fronte a una ricaduta nel disordine, si potrà inserire con calma una quota di oro nei portafogli.

Quanto al dollaro, le decisioni della Fed lo indeboliscono, ma finché non ci saranno segni più convincenti di una ripresa europea, finché non avremo certezza di una Brexit senza traumi e finché non sapremo se e quando Trump aprirà un fronte di guerra commerciale con l'Europa, l'euro non avrà molto spazio per riprendersi.
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