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Dollaro e oro

Non è l’inizio della fine

C'erano una volta gli strilloni. Fino alla guerra erano spesso ragazzini, a volte giovanissimi. Si mettevano lungo i viali affollati e vendevano ai passanti e agli automobilisti i giornali freschi di stampa. Sheldon Adelson, che nel 2008 era arrivato a essere il terzo uomo più ricco d'America e a controllare mezza Las Vegas, entrò nell'ascensore sociale da bambino vendendo giornali per le strade di Boston.

Gli strilloni avevano bisogno di una buona voce e della capacità di capire al volo chi avrebbe abbassato il finestrino al semaforo e allungato le monetine per l'acquisto. Ma, soprattutto, avevano bisogno di una notizia da gridare, possibilmente sensazionale o scandalosa. I direttori dei giornali popolari lo sapevano benissimo e li aiutavano in tutti i modi possibili producendo titoli di prima pagina ad effetto.

Nessuno strillone, nemmeno il più bravo, avrebbe avuto il coraggio di gridare "Sale l'oro alle stelle per effetto della diminuzione dei tassi reali" o "Crolla il dollaro per effetto della diminuzione del differenziale dei tassi". Molto più efficace, per le vendite, sarebbero stati "I nostri soldi saranno carta straccia" o cenni non velati alla fine dell'impero americano o dell'Occidente tutto, all'America come repubblica delle banane o alla Cina che si impadronirà presto delle nostre vite.

Con questo non vogliamo dire che un'analisi strillata sia per forza falsa e che un'analisi noiosa sia per forza corretta. Sarebbe bello che fosse così semplice.
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