Come spesso accade, sono possibili varie letture dei
50 spettacolari punti base di taglio dei tassi da parte della Fed.
La lettura più neutrale e asettica è che la Fed ha tagliato molto perché aveva ampio spazio per farlo.
Ottimizzare il tradeoff tra inflazione e crescita è uno dei compiti istituzionali di ogni banca centrale e non ha senso accanirsi su uno solo dei due obiettivi se questo sta muovendosi nella direzione giusta e se invece l'altro si muove nella direzione sbagliata. Non si tengono i tassi più alti del necessario solo per essere completamente sicuri che l'inflazione non risalga se dall'altra parte il mercato del lavoro mostra di avere perso la sua forza straordinaria e si muove ora su un terreno incerto.
Questo terreno incerto, un domani, potrebbe rivelarsi debole. In quel caso, se non si tagliasse aggressivamente oggi, si rimpiangerebbe di non averlo fatto. Ecco allora la nuova parola d'ordine entrata nel gergo della politica monetaria,
la minimizzazione del rimpianto. Si taglia aggressivamente non perché sia strettamente necessario farlo oggi, ma perché in futuro si potrebbe essere costretti a tagli affannosi per evitare una recessione.
La minimizzazione del rimpianto, che
è un altro modo di definire il principio di precauzione, viene invocata oggi, ma non lo fu quando l'inflazione saliva a vista d'occhio nel 2021. In quella fase si sarebbero dovuti alzare i tassi aggressivamente per non doversi più tardi pentire di non averlo fatto. Come sappiamo si fece il contrario e si cercò in tutti i modi di minimizzare il problema dell'inflazione.
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