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Ursula Von Der Leyen: Alice nel paese delle meraviglie

Ursula Von Der Leyen, incardinata da una ferrea rigidità alle sue idee e incapace di slanci creativi, diventa un vincolo ai processi di cambiamento della UE

L'elezione di Trump a Presidente degli Usa ha cambiato lo scenario con cui il mondo europeo deve confrontarsi nel futuro ed in particolare rende sempre più critica la carica della presidente Ursula Von Der Leyen ed il suo ruolo in modo prospettico.

Nel discorso di insediamento il nuovo Presidente Trump ha dato indicazioni sulle sue volontà operative sia all'interno del paese che verso gli alleati e gli altri paesi. Le indicazioni dietro lo slogan di fare ritornare grande il suo paese sono quelle di alzare i toni verso gli altri paesi; con riferimento all'Europa indica, sinteticamente, la necessità di un maggiore contributo finanziario verso la Nato (il 5% del PIL), la volontà di chiudere la guerra in Ucraina per la quale l'Europa si è dissanguata ed infine la cancellazione della green economy che ha drenato immense risorse ai paesi della Ue, lo stop all'uso esclusivo delle vetture elettriche ed infine la definizioni di sanzioni sulle esportazioni verso gli Usa. In sostanza tutto il contrario di quanto fatto nei precedenti quattro anni coincidenti con la presidenza Biden negli Usa e quella della Von Der Leyen nella UE.

Il rapporto prefigurato da Trump verso l'Europa sembra caratterizzarsi verso una maggiore indipendenza sia verso la UE che verso i singoli stati lasciando intravvedere un sistema di relazioni che prediligono un rapporto tra singoli paesi e meno verso la loro sempre più difficoltosa unione.

In questo contesto così diverso e poco chiaro, in una situazione internazionale di cambiamenti geopolitici in forte evoluzione sia per l'ascesa di paesi terzi che per la crescita dei Brics sotto l'aspetto economico e politico, le aree di manovra sembrano di difficile individuazione.

La politica di Trump mostra una forma di voluta potenza funzionale a recuperare un ruolo perso nei fatti, sembra ispirata ad un monopolarismo, ma la realtà è che siamo in un mondo multipolare da cui non si torna indietro. La volontà di potere ricorda la figura del superuomo di Frederick Nietzsche che a sua volta ha influenzato, solo in parte, la nascita del socialnazionalismo di Hitler negli anni trenta del secolo scorso, che di fronte ad una Germania sfinita prospettava un'epopea eroica reclamando la Polonia, come sarebbe stato, il corridoio di Danzica, lo sbocco nei Sudeti ed altro, la storia mostra sempre i suoi ricorsi come scriveva Vico nel 1717. Oggi Trump mostra mire espansionistiche verso Panama, Canada e Groenlandia e comunque il desiderio di riaffermare un potere ormai perso con il rischio di innescare conflitti geopolitici.
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