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L'insostenibilità dell'atto di guerra



"Si vis pacem, para bellum": Se vuoi la pace, prepara la guerra. Scriveva Vegezio. Già, ma in questa guerra l'Italia che ci fa? E poi... è una guerra o qualcos'altro quella in atto contro la Libia? Von Clausewitz, generale prussiano del 1800 diceva che la guerra non è altro che un'opzione della politica e che tanto più lo scopo della guerra verrà a coincidere con il fine politico e tanto più puramente militare e meno politica sembrerà essere la guerra. Il miglior modo per i politici di affrancarsi dalla responsabilità di una guerra dopo averla propugnata.

La risoluzione 1973 dell'ONU non ha nemmeno un punto a favore di questa guerra, se non la difesa dei civili ad ogni costo e comunque senza intraprendere nessuna azione militare. Per chi non conosce le cose come stanno diciamo che la risoluzione in questione è stata proposta da Stati Uniti, Francia, Libano e Regno Unito. Avete letto bene, c'è anche il Libano. Dieci membri del Consiglio di sicurezza dell'ONU hanno votato a favore (Bosnia-Erzegovina, Colombia, Gabon, Libano, Nigeria, Portogallo, Sudafrica e dei membri permanenti Francia, Regno Unito e Stati Uniti); ma cosa gliene frega alla Colombia? Ha più preoccupazioni dal narcotraffico che tempo da perdere per tamponare le uscite di testa di Gheddafi. Di contro cinque paesi (Brasile, Germania, India e, tra i membri permanenti, Cina e Russia) si sono astenuti dal voto, nessun membro ha espresso parere contrario e Russia e Cina, pur potendo porre il veto perché tra i membri permanenti, non hanno esercitato quest'opzione.

La risoluzione auspica un immediato cessate il fuoco e autorizza la comunità internazionale ad istituire una no-fly zone, cioè una zona di vietato sorvolo nei cieli della Libia, oltrechè utilizzare tutti i mezzi necessari per proteggere i civili ed imporre un cessate il fuoco.

Scendendo nei particolari il contenuto è sintetizzato dai seguenti punti: si chiede l'istituzione immediata di una tregua e la fine completa delle violenze e degli attacchi ai danni dei civili, si impone una zona di divieto di sorvolo sopra i cieli libici; si autorizza con tutti i mezzi necessari a proteggere i civili e le aree popolate da civili, ad esclusione di qualsiasi azione che comporti la presenza di una forza, cosidetta, occupante; si rafforza l'embargo sulle armi e in particolare l'azione contro i mercenari, consentendo ispezioni forzate in porti e aeroporti, in alto mare, su navi e aerei; si impone la proibizione di tutti i voli commerciali libici per fermare l'afflusso di denaro nelle casse del dittatore o l'arrivo di nuovi mercenari; si impone il congelamento dei beni e delle proprietà delle autorità libiche e ribadisce che le attività di queste ultime dovrebbero essere indirizzate a beneficio del popolo libico; si estendono alcuni punti della Risoluzione 1970 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad un certo numero di altri individui ed entità libiche; si istituisce una commissione di esperti per monitorare e promuovere l'applicazione delle sanzioni.

Questi sono i punti salienti della risoluzione; della guerra non c'è traccia. E allora perché i caccia USA, Francesi, Britannici, Danesi, Italiani sorvolano e bombardano la Libia? E perché i sottomarini nucleari lanciano missili su Tripoli? Tutto sotto l'egida dell'ONU che dovrebbe essere un istituto di soluzione pacifica delle crisi e dei conflitti che nascono nel mondo. Nel caso della Libia è stato propugnato l'intervento armato senza avviare nemmeno uno straccio di tentativo diplomatico teso a riportare Gheddafi sui più canonici piani della normalità, nonostante il colonnello si fosse detto disposto a ragionare sulle proposte di mediazione avanzate dalla Lega Araba.

Il governo libico è sempre stato considerato di espressione legittima a livello internazionale e per certi casi anche un governo amico, come per l'Italia. Doverosa e obbligata quindi l'offerta di una soluzione diplomatica. Che il leader libico, in carica dal 1969, abbia risposto in modo violento alla rivolta di piazza del suo popolo è evidente, ma l'intervento armato è fuori dal perimetro del buon senso, perché a repentaglio in situazioni come queste è la sicurezza mondiale.

Salvor Hardin è un personaggio che compare nel romanzo di fantascienza "Fondazione" di Isaac Asimov; il personaggio viene descritto come un abile politico con un carattere molto spiccato, in grado di uscire da ogni situazione con il ragionamento, ma mai con la violenza, sua è infatti la famosa frase: "la violenza è l'ultimo rifugio degli incapaci". E la violenza, oggi, oltreché giusta sembra anche legale. Suvvia, ribadiamo uno dei cardini dell'efficienza: o si funziona o si è eliminati, ma questi persistono e restano sempre al loro posto.

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