E qui, come prima accennato, iniziano i veri guai per noi perché si corre l'enorme rischio che si manifesti nuovamente, ma ad un livello molto più elevato e quindi molto più pericoloso, la "
Sindrome di Palazzo Marino" individuata per la prima volta dagli studiosi nel 2011 a Milano nella fase pre-ballotaggio quando le forze vicine alla Moratti, nel disperato tentativo di recuperare consensi nel pochissimo tempo rimasto, presi dal panico, iniziarono a promettere in maniera convulsa e disordinata agli elettori ogni sorta di beneficio "da portafoglio" (ossia ad effetto immediato) quali la cancellazione di multe o l'abolizione di "balzelli stradali".
Il problema è che la "Sindrome di Palazzo Marino", se replicata a livello nazionale in una fase delicatissima e ad elevato rischio di contagio quale l'attuale, può comportare effetti collaterali gravissimi sul nostro fragile equilibrio economico-finanziario e, soprattutto, può farci perdere l'unica cosa che una nazione con un debito pari al 120% del PIL non può permettersi di perdere: la fiducia dei mercati in ordine al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Non è male ricordare che il detonatore dell'attuale crisi è stato innescato negli Usa proprio da un insieme variegato di soggetti finanziari che, abbandonando ogni forma di prudenza e di rigore hanno deciso di traslare al futuro, in cambio di benefici immediati, enormi rischi; l'unica differenza è che in quel caso i benefici immediati consistevano nell'ottenere un rapido arricchimento in dollari, nel nostro caso un rapido arricchimento in voti e consensi. Ecco perché le pressioni della maggioranza per interventi spot ad effetto immediato quali, ad esempio, la ventilata riduzione delle aliquote fiscali in grado di generare benefici alla vigilia delle elezioni del 2013 ci devono non preoccupare, ma terrorizzare.
Inutile dire che questi interventi, per struttura e finalità, sono tutt'altra cosa rispetto alla
riforma fiscale su cui Tremonti sta lavorando nel tentativo di riequilibrare le attuali distorsioni in un contesto di "pressione invariata" e di compatibilità con il rigore dei conti pubblici. Ma questa è una riforma pesante, strutturale e non è affatto detto che possa dare risultati "elettorali" in tempo utile. Dunque, l'unico argine tra manovre finanziarie "da portafoglio" dalle conseguenze imprevedibili ed il mantenimento della fiducia dei mercati sembrerebbe essere costituito proprio dal ferreo ministro dell'economia. Se anche Tremonti dovesse cedere all'azione congiunta Berlusconi-Bossi, sarà meglio prepararsi, in uno scenario in probabile deterioramento a causa della questione ellenica, a momenti molto complessi.
E allora, se esternazioni del tipo" bisogna bloccare subito Tremonti", "Tremonti propone, non decide", "riusciremo a convincerlo ad aprire i cordoni della borsa" dovrebbero farci preoccupare seriamente, le recenti parole di Galan danno corpo ai nostri peggiori timori: "
Io sono assolutamente convinto che se non si cambia registro in materia economica perderemo le elezioni. Possiamo pure arrivare al 2013, ma saremo il governo senza un briciolo di consensi di un paese con i conti a posto!!!"
Forse è il caso di riflettere con molta, molta attenzione su questa mirabile sintesi del nostro problema.
"