E' l'ultimo giorno delle consultazioni per l'
elezione del Presidente della Repubblica eppure si ha la percezione di essere ancora in alto mare. Il rebus è più che mai irrisolto e il
sistema politico si è logorato e sfilacciato fino al limite della rottura, tant'è la pressione per un conflitto sul Quirinale che si protrae da settimane.
L'impasse ha peraltro indebolito anche la capacità di ricomporre il quadro politico istituzionale che la situazione attuale richiede e quindi non resta che
"prevedere" qualche accordo segreto, ben nascosto tra le pieghe della dialettica politica, che le parti in causa stanno portando avanti. Il contesto generale non è dei migliori, con l'assurdo muro contro muro tra Bersani e Berlusconi; dove il primo rifiuta drasticamente l'idea che il suo partito pensi a qualche giretto di valzer con la destra e il secondo che pone l'asse Quirinale-Palazzo Chigi come percorso ineluttabile per addivenire ad un accordo.
A tutto questo vanno aggiunte le semi autonomie delle
fronde comprimarie di Monti, Maroni e Vendola, che propongono soluzioni diverse e difficili da far convergere su un nome comune. Insomma ce n'è di che preoccuparsi ed è alto il rischio che i contendenti stiano giocando col fuoco nel ben mezzo di una crisi di un sistema che fa acqua da tutte le parti.
Non è più un mistero che ogni sette anni ci si trovi puntualmente ad eleggere una figura, quella del Presidente della Repubblica, che tra le sue caratteristiche deve avere quella fondamentale di
poter e saper sanare tutte le rotture istituzionali, al limite del commissariamento, prodotte tra le stesse componenti che sul colle ce lo hanno mandato. Il Presidente della Repubblica deve necessariamente essere una
figura autoreferenziale e inattaccabile per necessità, in grado di compensare le tensioni tra le parti e, qualora fosse necessario, attrarre su di sé i destini ideali del paese.
Anche per questo è fondamentale la
maggior condivisione possibile sulla persona che incarni questo "mantra" , quasi fosse una formula sacra. Troppo importante il momento storico per potersi permettere soluzioni di basso profilo, appiattite sul lato esclusivamente politico; c'è estrema necessità di una
figura che sia proiettata all'esterno e con competenze istituzionali, economiche e politiche. Molto più di un presidente del consiglio abituato da sempre a dirimere le dispute da pollaio.
Il rischio più grosso è, se i contendenti non l’hanno ancora capito, quello di rendere il Quirinale la “dependance” di Palazzo Chigi. Allora sì che avremmo fatto uno splendido lavoro.