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Perché nessuno specula sul debito inglese

Nella Gran Bretagna il rapporto debito/PIL è raddoppiato, ma nessuno fiata nè chiede riforme strutturali

Nel 2007, il debito pubblico inglese era pari al 45% del PIL, nel 2011 era arrivato al 92%, e tende ormai al 100%. Dopo la crisi finanziaria il governo inglese è dovuto intervenire a sostegno delle sue banche, gravemente compromesse, impiegando ben 140 miliardi di euro per ricapitalizzazioni e copertura di perdite su asset, oltre a 191 miliardi di euro per garanzie sulla liquidità: un impegno che a fine 2013 era costato un aumento del debito di oltre 17 punti percentuali sul PIL. Come se non bastasse, il deficit pubblico non ha conosciuto i vincoli del 3% che nell'Eurozona erano stati imposti con il Trattato di Maastricht, né quelli del pareggio strutturale previsti dal Fiscal Compact. Eppure, nessuno chiede alla Gran Bretagna di mettersi in riga, né tanto meno si specula sul suo debito pubblico: gli spread sui guilt sono sconosciuti.

La ragione sono tante: la Gran Bretagna è rimasta con la sua moneta, la sua Banca centrale. Non solo non ha aderito al Fiscal Compact e non versa quattrini al Fondo Salvastati ESM, ma non fa parte neppure dell'Unione Bancaria.

Ma c'è una ragione ancora più forte: la City di Londra, il cuore dell'economia inglese visto che da sola l'industria finanziaria produce il 40% del PIL pur occupando appena un miglio quadrato di Londra, non ha alcun interesse che si metta in difficoltà il governo inglese. E' stato attento, premuroso e generoso con le banche inglesi, e quindi merita attenzione e tutela. Chi speculasse contro il debito inglese si troverebbe contro l'intero sistema finanziario britannico, oltre che la Banca d'Inghilterra.

D'altra parte, la stessa Banca d'Inghilterra non ci ha pensato due volte, sin dal 2008, a sostenere il Tesoro britannico stampando sterline per comprare titoli pubblici e rifinanziare le banche. La politica di sostegno all'economia non ha fatto eccezioni, visto che il programma veniva definito: “Funding for lending”. Si finanziano le banche affinché eroghino credito. E così le aziende inglesi e lo stesso settore immobiliare si sono immediatamente rimessi in movimento. Il debito non rappresenta un problema se l'economia cresce ed i prezzi non tendono alla deflazione. E' una ricetta di politica economica completamente opposta a quella imposta dalla Germania agli altri partner europei: deflazione di salari e prezzi per recuperare competitività internazionale, a costo di mandare in recessione l'economia. Ed ecco perché nell'Eurozona si teme per la sostenibilità del debito pubblico: nonostante gli aumenti delle tasse ed i tagli alle spese, il deficit del bilancio pubblico è sempre superiore alla crescita nominale del PIL. Non cresce l'economia, ma il debito.

La Gran Bretagna si prende solo il meglio dell'Europa: la libertà di circolazione delle merci e dei servizi. Già fa eccezioni per quanto riguarda la circolazione delle persone, visto che non ha aderito al Trattato di Schengen. Si è visto che ha sovranità sulla moneta si è detto, sulle banche pure, sul proprio bilancio pubblico. E' rimasta uno Stato sovrano: chi specula sul suo debito pubblico vendendolo, sa che si ritrova in mano altra moneta appena stampata.

Chi specula contro il debito pubblico italiano, invece sa che bene la BCE non può fare altrettanto, perché i Trattati che disciplinano l'Euro pongono questo espresso divieto di finanziare gli Stati o comunque di agevolarli in qualsiasi maniera: siamo indifesi sulla speculazione. Mario Draghi ha fatto approvare il programma OMT, in base a cui per ragioni di stabilità monetaria si può intervenire con acquisti illimitati, ma solo dopo che il Paese in difficoltà abbia richiesto aiuto all'Unione europea ed abbia accettato un programma di risanamento fiscale. Basta vedere che cosa è successo alla Grecia, senza dimenticare le assurde misure fiscali che hanno portato l'Italia alla recessione, facendo schizzare verso l'alto il debito pubblico.

La sovranità, una volta perduta, costa assai: i cittadini pagano i danni, oltre a subire la beffa dei mercati.

L'Inghilterra lo sa, e per questo si è tenuta la sterlina ben stretta.



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(Foto: © Chris Dorney / 123RF)
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