Il Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco ha celebrato la Giornata Mondiale del Risparmio 2017 con un intervento assai articolato, che contribuisce a confondere sempre di più il risparmiatore con l'investitore.
Cerchiamo di leggerlo con attenzione.
Si fa, innanzi tutto, di tutta l'erba un fascio: “Alla tutela del risparmio concorrono due ampie categorie di politiche pubbliche, quelle volte a garantire la stabilità del sistema finanziario e quelle a difesa del risparmiatore, quale consumatore di servizi finanziari. È una materia oggi assai più complessa e articolata di quanto lo fosse nell'Italia del dopoguerra, quando fu prevista nella nostra Costituzione: richiede il contributo di una pluralità di attori, inclusi gli stessi risparmiatori”.
Andiamo a leggerlo, allora, l'articolo 47, primo comma, della Costituzione. E' semplice, lineare, diretto: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito”.
Quello che è accaduto in questi anni è contrario alla Costituzione, che non prevede alcun limite o esclusione alla tutela del risparmio: non c'è il piccolo che va protetto ed il grande che può essere tranquillamente massacrato.
Ed infatti si riconosce esplicitamente che la normativa dell'Unione europea sul bail-in è incostituzionale: “È stato altresì rivisto il sistema di gestione delle crisi bancarie, con l'esplicito intento di concentrarne gli oneri in primo luogo, se non unicamente, sui detentori delle passività degli intermediari, con l'eccezione dei depositanti protetti dai sistemi di garanzia”.
E si riconosce con altrettanta nettezza che le precedenti normative italiane erano invece pienamente coerenti con il principio costituzionale di tutela del risparmio: “Le conseguenze di questi cambiamenti sono state particolarmente rilevanti in Italia, dove si sono resi indisponibili, nell'interpretazione delle norme sugli aiuti di Stato affermatasi a livello comunitario, strumenti quali l'intervento preventivo dei fondi di tutela dei depositanti, cui per lungo tempo si era fatto ricorso, con successo, nella gestione delle crisi”.
La confusione continua.
Si inseriscono termini che suonano bene all'orecchio, ma che nascondono un campo minato: “La disponibilità di una pluralità di strumenti e di operatori consente al risparmiatore di compiere le scelte che meglio rispondono alle sue esigenze, di pianificare il futuro e affrontare gli imprevisti. È una conquista che va difesa e ampliata. Al contempo possono aumentare la complessità delle decisioni e i rischi di controparte, di mercato e di liquidità, spesso tra loro correlati. Il principale criterio da seguire per la corretta gestione degli investimenti rimane quello della diversificazione. I risparmiatori devono pretendere il rispetto di questo principio anche quando si affidano alla consulenza di terzi”.
La differenza tra “risparmiatore” ed “investitore” svanisce, perché in fondo il primo non è altro che un “consumatore di prodotti finanziari”.
Le politiche pubbliche, a loro volta, si confondono, visto che si mettono sullo stesso piano quelle relative alla “stabilità dei mercati finanziari” con quelle relative alla “tutela del risparmiatore”.
Quest'ultimo, il risparmiatore, si trova di fronte non solo ad affrontare un aumento della “complessità delle decisioni”, ma soprattutto i rischi di controparte, di mercato e di liquidità, spesso tra loro correlati.
E come ci si può difendere, allora, dai rischi e soprattutto destreggiarsi di fronte a tante complessità?
Siamo di fronte alla più banale delle affermazioni che fa ogni consulente: “il principale criterio da seguire per la corretta gestione degli investimenti rimane quello della diversificazione. I risparmiatori devono pretendere il rispetto di questo principio anche quando si affidano alla consulenza di terzi”.
Insomma, il risparmiatore deve farsi furbo: non può andare in Banca, come una volta, per aprire un conto di deposito in conto corrente, o semplicemente un libretto di risparmio: deve “pretendere la diversificazione degli investimenti” che rimane il principale criterio da seguire per la loro corretta gestione, e deve pretendere il rispetto di questi principi anche quando si affidano alla consulenza di terzi.
E veniamo al terzo aspetto: questa storia della mancanza di educazione finanziaria da parte del risparmiatore/ investitore nasconde la sempre maggiore complessità dei prodotti che vengono proposti continuamente, con i quali si fa gravare sulla parte debole una quota di rischio sempre più elevata: “rischi di controparte, di mercato, di liquidità, spesso correlati tra loro”.
Mentre l'industria propone prodotti sempre più complessi dal punto di vista tecnologico, ma al tempo stesso sempre più facili da usare, il mercato finanziario propone prodotti sempre più incomprensibili: come funzionano, lo si capisce solo dopo, quando magari è troppo tardi.
Siamo di fronte ad una scelta di campo che riduce la distanza tra risparmiatore ed investitore, estendendo al primo i rischi tipici del secondo.
Il termine risparmio viene abusato, accostandolo alle più diverse figure: si parla, ad esempio, di “risparmio previdenziale” e non più di assicurazione sulla vita, quella che può essere incassata dagli eredi o dallo stesso sottoscrittore ad una certa età, con la erogazione di una rendita vitalizia.
Risparmiatore-investitore: grande è la confusione sotto il cielo.
Tutto il potere ai Bankers.