Ed è stato così che si è arrivati al colpo di mano:
le Regioni si sono messe d'accordo tra di loro, nell'ambito della loro associazione denominata "Conferenza delle Regioni" che non ha nulla a che vedere con la "Conferenza Stato–Regioni", che è l'Organo di raccordo previsto per disciplinare i rapporti tra questi livelli dell'ordinamento.
Le Regioni, all'unanimità, hanno sfidato il Governo: per la riapertura delle attività produttive, doveva recepire le loro linee guida. Il DPCM è diventato così un salsiccione, di 11 articoli e 23 pagine di testo, con 17 allegati che occupano altre 120 pagine di testo. Le linee guida precauzionali del Governo non serviranno a niente, nonostante le smentite d'obbligo.
A Palazzo Chigi, è rimasto un solo compito, quello di fare il copia e incolla: le Regioni governate dal Centro destra e quelle governate dal Centro sinistra si sono schierate tutte contro la verticalizzazione del potere: nel DPCM, ciò che vale, sono le disposizioni decise dalle Regioni e gli Accordi di settore tra le organizzazioni datoriali e Sindacali.
Inutile dire che il Parlamento è ormai stato tagliato fuori da tutto: non è stato capace neppure di protestare.
Come se non bastasse, Palazzo Chigi è in difficoltà anche sul
Decreto legge Rilancio, di cui è stata annunciata la approvazione dal Consiglio il 14 maggio, se pure con la clausola "salvo intese". Da allora, se ne sono perse le tracce: è sicuramente ancora oggetto di valutazioni da parte del Tesoro, per la bollinatura da parte della Ragioneria Generale dello Stato, soprattutto per quanto riguarda la valutazione dei differimenti di spese, per fare economie, e formalizzare le coperture.
Regioni, Sindacati e Ragioneria Generale si impongono su DPCM e Decreto rilancioIl Commissario è commissariato
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